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«In Campania si candidi Bertolaso»

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Nel centro storico della vecchia Rossano (in provincia di Cosenza) si trova il Palazzo: stabilimento, uffici e addirittura il "Museo della liquirizia", inaugurato nel 2001. Alla guida di questo piccolo impero, c'è una donna, Pina, nata Mengano ma diventata Amarelli da quando ha sposato Franco. È lei, che negli anni è riuscita a diventare indispensabile nel mondo dell'azienda familiare. Lady liquirizia si è trasferita da Napoli a Rossano, pur non abbandonando mai la sua città d'origine, dove, anzi, continua a svolgere ruoli di rilievo. Siete riusciti a trattare la liquirizia in mille modi. «È vero, ne abbiamo di tutti i tipi, aromatizzate e non. Le ultime sono quelle ricoperte di cioccolato. Abbiamo anche la pasta, i biscotti e una linea per il corpo». Lei ha fatto centro. Ma quanto è difficile fare l'imprenditrice in Calabria? «Diciamo che io sono stata agevolata dalla vita che ho sempre fatto da ragazza, molto libera e indipendente. Tenga conto che, per esempio, mi sono iscritta a giurisprudenza a Napoli, nel 1963, quando ancora le donne non potevano fare il magistrato». Però in Calabria forse è un po' più difficile. «Sì, forse. Ma quando mi sono trasferita a Rossano ho spiazzato un po' tutti proprio con il mio modo di fare. Ero anche slegata dalle logiche e dalle politiche locali. Pensi che, ancora oggi, non leggo i giornali calabresi. Non li ho letti neanche quando ci fu tutta la polemica su De Magistris, e Luigi è un caro amico di famiglia». Caro amico significa che lo conosce bene? «Sì. Penso che Luigi abbia sbagliato nei tempi, doveva essere più rapido. Ha peccato anche di ingenuità fidandosi di qualche collaboratore sbagliato». Rimaniamo sull'attualità. Oggi l'immagine dell'imprenditore del sud è quella di una persona che deve pagare un po' tutti per poter fare il suo lavoro. È davvero così? «Sì è così. Però credo che ciò si possa fare senza sottostare completamente. E comunque, mi creda, il problema delle tangenti c'è ovunque, anche al nord». Scusi, però in Calabria due dei tre imprenditori più grossi, tra cui Pippo Callipo, vivono sotto scorta. «E ma noi siamo in una zona diversa, per questo io scherzando dico sempre che lavoriamo nel nord-est della Calabria». Perché la 'ndrangheta opera a seconda delle zone? «Esiste una netta differenza a seconda delle zone calabresi dove si lavora. Fino a Catanzaro è tutto a posto. Oltre ci sono davvero le colonne di Ercole». Quindi lei è non è mai stata minacciata? «No». Le chiedono mai soldi? «Soldi a nessuno. Magari aiutiamo a realizzare una manifestazione, mettendoci i nostri prodotti». Da napoletana adottata dalla Calabria, quanto la camorra incide oggi nel lavoro di un imprenditore? «Dipende dal tipo di attività. Esiste per lo più dove c'è il guadagno immediato». Tipo? «L'edilizia. Comunque, credo che dovremmo smetterla di parlare sempre di legalità». Perché? «Perché parlarne non serve a nulla, non è l'elemento su cui basare le nostre battaglie. Chi si trova sotto scorta lo è proprio perché ha denunciato una certa situazione». Quindi è meglio tacere per non correre rischi? «A che serve? Se ne parliamo facciamo solo come Saviano, che scrive i libri e se li fa pagare a caro prezzo. E se gliel'hanno permesso... Questa è gente che se vuole, il libro non te lo fa fare». Sollevare la questione legalità però a qualcosa è servito? «Saladino girava con due persone di scorta e De Magistris non aveva nessuno. C'è qualcosa che non torna. I poteri dello Stato ci dovrebbero essere cerchiamo di farli funzionare». Conosce Alfredo Romeo? «Sì. Spesso lo incontravo sul treno Napoli-Roma». Che idea si è fatta di lui? «Che dall'essere un poveretto, è riuscito ad essere un nababbo». Qualcuno lo ha aiutato però. «Certo. Il comune di Napoli è una realtà molto particolare». Che lei conosce, avendo fatto il consigliere comunale nel 1993, quando Bassolino diventò sindaco per la prima volta. «Esatto, con il Ppi. Fino a quando poi Giorgio Nugnes mi fece ricorso e io persi in malo modo e senza capire perché. Se vedesse i verbali, sono pieni di correzioni. Noi facemmo anche una denuncia contro ignoti». Perché non andò avanti? «Perché sarebbe saltato Bassolino». Ma è ancora arrabbiata? «No, ormai no. Lì per lì smisi di avere qualsiasi rapporto con Nugnes. Dopo un po' di anni mi chiese scusa e da lì abbiamo ripreso i rapporti». Domanda a bruciapelo: le piacerebbe fare il sindaco di Napoli? «In questo momento no. Ci dovrebbe essere un cambiamento radicale della politica». Intende nazionale o locale? «A partire dalla nazionale. Non per Berlusconi, bravissimo come imprenditore. La politica però è un'altra cosa». Cosa non le piace di Berlusconi? «Innanzitutto non mi piace fisicamente, non è il mio tipo. E come politico mi da l'idea di essere un grande accentratore, con un governo che di fatto non conta nulla». Nessuno escluso? «Diamo onore al merito, e diciamo tutti tranne il ministro Scajola, uomo molto attivo». Neanche il ministro della Pari Opportunità, sua conterranea? «Non ho alcun contatto con Mara Carfagna e non mi sembra un ministro molto presente, per lo meno con le donne imprenditrici». Questo nel centrodestra. E nel centrosinistra, invece, c'è qualcuno che stima? «Bersani in passato mi piaceva molto, ma negli ultimi anni è peggiorato. L'unico ad avere una testa è D'Alema, perché pure Veltroni...». Pure Veltroni? «L'ho conosciuto nel 1996, quando Veltroni sperava di diventare vicepresidente del Consiglio. Mi ricordo che un giorno, parlando di lui con Prodi, usai l'aggettivo "scostumato". Ecco, le dico solo questo». Anche lei pensa che la Iervolino dovrebbe lasciare il suo incarico in Comune? «La Iervolino era brava. Ma non ha capito dove si trova adesso. Le hanno anche imposto collaboratori sbagliati». Chi? «Penso Bassolino. Queste persone ora dovrebbero proprio lasciare. Per molto meno, nel 1993, Nicola Mancino sciolse il consiglio comunale di Napoli». Chi potrebbero essere gli eredi? «È molto difficile, oggi nessuno vuole prendersi questa responsabilità. Forse come sindaco, l'unico a poter fare qualcosa è Antonio D'Amato». E per la regione? «Penso ad uno che ha fatto tanto per la Campania e che ha molta voglia di fare ancora, Guido Bertolaso». Lei è stata nominata, nel 2006, Cavaliere del Lavoro da Giorgio Napolitano. Conosceva già il Presidente? «L'avevo conosciuto negli anni della politica a Napoli. È un uomo molto preparato». Sa che Berlusconi potrebbe essere il prossimo Capo dello Stato? «Lo so. Le aggiungo però che il Presidente della Repubblica dovrebbe avere qualche nozione in più sulla storia del Paese, un argomento su cui il nostro premier è proprio ignorante, nel senso che ignora le carte. Ha visto quante volte confonde il potere legislativo con quello giudiziario?».

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