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Sacconi, il «gesuita» che non guarda in faccia nessuno

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Cattolico ma profondamente socialista, due fedi che convivono pacificamente nel ministro del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, Maurizio Sacconi, e che gli hanno fatto da stella polare nella sua lunga carriera iniziata precocissima quando, vero enfant prodige tra gli uomini vicini a Craxi, entrò nemmeno trentenne, in Parlamento. Socialista lombardiano ma impregnato di quel cattolicesimo che solo chi è nato in Veneto si porta dentro come un genoma, non fa della retorica, c'è da credergli, quando per Natale nell'ufficialità del biglietto intestato, augura «una vita buona» nel nuovo anno «con la speranza e l'impegno per un contesto più idoneo a consentirla». In quella breve frase c'è tutto il suo mondo interiore. Il suo cuore, come potrebbe dire lo scrittore Goffredo Parise, è un cuore illuminista, conoscitore. La politica è quasi una vocazione che lui esercita con spirito gesuita. È quello delle grandi battaglie e quando ha un avversario si comporta proprio, rivela chi lo conosce bene, come un gesuita; non fa sconti, è il peggior nemico che possa capitare, va dritto per la sua strada. Lo dimostra l'atto di indirizzo sul caso Eluana Englaro, fatto di sua iniziativa senza sentire nemmeno Berlusconi. Serio e scrupoloso, preciso in modo quasi maniacale, vive l'incarico ministeriale, dice un suo stretto collaboratore, come un peso di grande responsabilità che lo affatica all'inverosimile. Questa estrema pignoleria lo porta a essere anche accentratore. La sua squadra è composta di fatto da due fedelissimi: Michele Tiraboschi e Paolo Reboani, entrambi legati alla figura di Marco Biagi. Eppure Sacconi, fuori dal ruolo, nei rari momenti liberi che trascorre con gli amici in ospitali cene casalinghe, ha una verve scapigliata. Spesso intrattiene gli ospiti facendo le imitazioni di politici e colleghi di governo e in questo gioco fa a gara con Simone Baldelli del Pdl. I pezzi forti sono la Iervolino e Tremonti. A casa fa anche incontri di lavoro che non si limitano alla sua coalizione. Sacconi ha ottimi rapporti di amicizia con Lusetti e Floris e con tutta quell'ala illuminata di giuslavoristi del centrosinistra. Le problematiche del lavoro sono sempre state la sua passione. Grande amico del giuslavorista Marco Biagi, lo introduce dal ministro Maroni. Il Libro Bianco sul mercato del lavoro nasce proprio sotto il coordinamento di Sacconi che riunisce attorno a questo progetto oltre a Biagi anche Carlo Dell'Aringa, Natale Forlani, Paolo Reboani e Paolo Sestito. L'assassinio di Biagi non interrompe il progetto. Sacconi assegna un ruolo prioritario alle parti sociali, le uniche depositarie delle riforme del lavoro mentre lo Stato dovrebbe restarne fuori. In questa concezione si scontra con la Cgil che vuole invece dare allo Stato un compito di garante. Sostenitore della partecipazione dei lavoratori al capitale, appena insediatosi al ministero avrebbe voluto mettere a punto una legge che desse ai lavoratori voce in capitolo sulle decisioni aziendali ma fu costretto a fare marcia indietro per l'opposizione della Confindustria. La sua grande ambizione, che non ha niente a che vedere con il carrierismo ma è più l'aspirazione di un intellettuale con una grande etica del lavoro, è di fare del Pdl un partito portatore del concetto di un'economia sociale di mercato che dialoga con le forze sociali. Sacconi ha in mente un'idea di Pdl con rapporti stabili con pezzi del sindacato e del mondo dell'impresa. In questa ottica nasce il Libro Verde sul futuro del modello sociale presentato a luglio scorso, nel quale Sacconi riconosce alle forze sociali un ruolo sussidiario allo Stato sul welfare e sulle politiche del lavoro. Attorno a questo progetto lavora con lena e tesse fitti rapporti con le forze sindacali con uno sguardo privilegiato alla Cisl. Questo spiega come mai abbia preso le distanze dalla battaglia contro i fannulloni di Brunetta per il semplice fatto che era malvista dalla Cisl. Il dialogo serrato che ha con la Cisl e in parte con la Uil spesso gli ha tirato dietro le critiche della Cgil che in più di una occasione gli ha rimproverato di fare accordi separati. E dire che anche Epifani è cresciuto nell'alveo della stessa corrente socialista di Sacconi. Dentro il governo non marcia in asse con nessuno. Con il ministro della Pubblica amministrazione, Brunetta, i rapporti, un tempo di grande amicizia, si sono raffreddati. Sacconi ha bocciato apertamente l'ipotesi di elevare a 65 anni l'età di pensionamento per le donne. Non va dimenticato che un giovanissimo Sacconi (a soli 42 anni), con Giuliano Amato premier, in qualità di sottosegretario con delega alla Funzione pubblica, firmò la prima riforma della pubblica amministrazione nella quale si parlava per la prima volta di privatizzazione e che ha fatto da battistrada a successivi interventi a cominciare da quelli di Bassanini. Sacconi fu anche uno dei primi, come sottosegretario al Tesoro tra l'87 e il '94 a occuparsi di riforma degli intermediari bancari e di mercato mobiliare, precorrendo i tempi. Una formazione finanziaria che di sicuro gli è stata utile nell'affrontare il nodo della vendita di Alitalia a Cai. Da buon tennista (da giovane faceva l'allenatore) Sacconi sa anche che oltre alla competenza per vincere una gara c'è sempre il fattore «match point», cioè la fortuna, il caso. La sua partita più ambiziosa sarà proprio di creare un nuovo sistema di welfare. Berlusconi permettendo.

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