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Cossiga, allora inquilino del Colle, preocupato dalle ...

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Una colpa grave, come aver dimenticato di far ratificare al gip il fermo di un poveraccio, rimasto, così, in galera «sine titulo» per oltre un mese, viene minimizzata fino all'assoluzione del Pm. Omissioni, errori, ignoranza, sciatteria, fannullonismo, che al normale signor Bianchi costerebbero il licenziamento, se non peggio, per il togato, militante in una corrente, male che gli vada, vengono sanzionate con l'ammonimento, niente altro che un buffetto orale, che non incide sulla carriera. Si sono dati casi di flagranza di pedofilia «puniti» con la promozione in Cassazione; oppure di pm che hanno scordato in carcere un disgraziato 15 mesi oltre la scadenza della custodia preventiva, «ammoniti» e subito dopo promossi. Sono talmente abituati ad essere perdonati che il semplice trasferimento suona loro come un'onta. Adesso, il Csm, dopo che anche in Europa si ride di noi - vedi "Le Monde" del 7-8 dicembre -, spaventato per se' e per la casta, batte un colpo. Lo stesso Csm non ebbe, però, nulla da ridire sui magistrati che si accanirono contro l'innocente Filippo Pappalardi, il babbo dei poveri fratellini di Gravina. Senza il là di Rai3 non si mettono a ferro e fuoco le procure che lo meriterebbero. Csm e Anm hanno evidenziato negli anni, proprio come il comunismo, l'impossibilità di autoriformarsi, aggravando, anzi, le storture del loro regime, basato sulle derive sempre più perverse della costituzione «materiale». Di prassi in prassi siamo giunti alla guerra per bande. Maggioranze e minoranze tremebonde e intellettualmente poco oneste, da decenni abbaiano alla luna, annunciando sfracelli riformatori, senza aver mai prodotto nulla di positivo. Così, siamo discesi sino ai giudici nudi. Avevo otto anni, ricordo che nel condominio abitava un giudice circondato da un religioso alone di rispetto. Leggenda vivente, mai chiassosa, educato, sobrio, buon giorno e buona sera, tratto signorile, mai una parola di più, mai un gesto fuori luogo, lo chiamavamo sottovoce il «magistrato», perché nessuno aveva mai osato chiedergli il nome. Quello era ed appariva come il giudice terzo, emblema di autonomia, indipendenza e soprattutto di dignità e di imparzialità. Come ripristinare queste grandi personalità, degne di fiducia e rispetto, senza la volgarità del clamore? «Torniamo allo Statuto!» - verrebbe da esclamare -; ma il ritorno, intanto, alla vera Costituzione scritta, migliorata, poi, da alcuni interventi chirurgici, spetta alla Politica, quella con la «p» maiuscola. È un appuntamento da non mancare, che, altrimenti, il popolo sovrano avrà il pieno diritto-dovere di mandarci tutti a casa, a praticare dentro le mura domestiche la nostra irresponsabilità, la nostra incapacità, la nostra viltà, la nostra ignavia. Giancarlo Lehner

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