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Aumentare la tassazione sulla pay-tv, attraverso un ...

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Per giunta, nel momento in cui le imprese vanno incontro a momenti difficili è sbagliato alterare le regole del gioco, facendo saltare ogni piano imprenditoriale e aggiungendo incertezza ad incertezza. Vi sono pure evidenti ragioni di opportunità che dovrebbero trattenere un governo guidato da Silvio Berlusconi dal mettere sotto tiro un'azienda di proprietà di Robert Murdoch. Si tratta, insomma, di un autogol che va evitato. Chi intenda intervenire nel settore con riforme appropriate dovrebbe semmai riflettere — come ha suggerito tra gli altri l'onorevole Adriana Poli Bortone — sull'opportunità di eliminare il canone Rai, nella prospettiva di rifondare l'azienda pubblica e prepararle un futuro «di mercato». Il pericolo, invece, è che magari si riduca un poco l'entità della tassa di possesso, ma imponendola a tutti grazie ad un'inserzione nella bolletta della luce. Una scelta, questa, che va in una direzione illiberale, impone alle aziende private del settore elettrico di farsi «esattori» e impone un'inversione della prova per il cittadino (il quale, se privo di televisione, dovrà dimostrarlo!) la quale è giuridicamente inaccettabile. Colpire la pay-tv significa pure avversare un processo di rinnovamento del sistema televisivo che al contrario andrebbe incoraggiato. Non si tratta solo di catene che trasmettono calcio e film hard, perché in realtà grazie alle televisioni tematiche molti spettatori si sono aperti al mondo e si sono abituati a seguire telegiornali in altre lingue, programmi interamente dedicati alla storia o alla musica classica, prodotti informativi nuovi e alternativi rispetto a quelli del piccolo teatrino nazionale. Per certi aspetti, la pay-tv sta diventando quello che Berlusconi seppe rappresentare trent'anni fa, con la rivoluzione del costume che Canale 5 rappresentò e con la conseguente distruzione del monopolio politico-televisivo dell'Italia di Ettore Bernabei. Anche sul piano della sua proiezione politica, sarebbe autolesionistico un Cavaliere che decidesse di colpire i canali della televisione privata a pagamento e che si mettesse a protezione di quel duopolio vecchio stampo rappresentato dalla televisione generalista: con le sue «isole» e le sue «talpe», i soliti Tg ed i pacchi-regalo. Come imprenditore e come premier, Berlusconi dovrebbe lasciare che i morti seppelliscano i morti, e puntare ancora una volta sulla valorizzazione di quella libertà di scegliere (grazie al telecomando) su cui ha costruito la propria fortuna. Se il bilancio pubblico fa acqua, insomma, tolga qualcosa alla Rai, ma non mortifichi il lavoro di quanti stanno costruendo nuovi spazi di libertà e creatività.

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