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Giancarla Rondinelli [email protected] ...

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Sergio Dompè, presidente di Farmindustria, ma soprattutto titolare dell'omonima azienda farmaceutica, un po' si sente Warlock. Tutte le settimane fa il pendolare tra Milano e Roma, dividendosi tra la "fabbrichetta" di famiglia e il suo ruolo capitolino. Non rinunciando però ai divertimenti: ama partecipare, insieme a sua moglie, ai classici salotti milanesi, motivo per cui spesso lo si vede sulle riviste di cronaca rosa. Ha molti amici tra i politici, per lo più di centrodestra, anche se, precisa, «dall'altra parte ci sono alcune persone che stimo». Nel 2009, dopo tre anni e mezzo, scade il suo mandato di presidente di Farmindustria. Cosa farà dopo? «Tornerò volentieri alla mia azienda». Quindi quattro anni da dimenticare? «No assolutamente. Questa esperienza mi ha davvero cambiato la vita». Lavora molto di più ora rispetto a prima? «Senza dubbio». Cosa si è portato dietro dalla sua azienda? «Forse l'entusiasmo per quello che si fa». A quanti anni ha cominciato a lavorare nella Dompè farmaceutici? «Ho inziato molto giovane. Avevo 20 anni. Motivo per cui penso di avere il numero delle ore di lavoro di una persona più grande». Si è pentito? «No, sono felicissimo. In tutta la mia vita professionale ho sempre privilegiato il saper fare e non il sapere». Ha cominciato così presto per scelta o per imposizione? «L'ho fatto perché avevo una grande desiderio di indipendenza. Sono io che ho chiesto a mio padre se potevo cominciare a lavorare con lui». Figlio di papà milanese e mamma romana. Cosa ha di uno e cosa dell'altra? «Da mio padre ho ereditato il senso del lavoro come missione. Da mia mamma la generosità e l'approccio estetico nei confronti della vita». Estetico, appunto. Lei passa per essere un uomo molto attento al fascino femminile e a riscuotere anche parecchio successo. «È una consapevolezza che ho maturato negli anni. Da ragazzo non avevo molto successo con le donne. Non penso che questo dipenda solo dal mio aspetto esteriore, ma anche dall'essere una persona positiva». Sicuro che il suo successo con le donne non dipenda anche dal ruolo che ricopre? «C'è anche questo elemento. Ma non è il solo». Com'è Sergio Dompè in coppia? «Ho il dubbio di essere un po' noioso». Cosa ne pensa della Finanziaria di quest'anno? «Penso sia una buona manovra. Deve però anche coniugare le necessità di spesa e la spinta all'export e all'innovazione. Su queste cose non sono ancora convinto al 100%». Le piace il ministro Tremonti? «È un uomo molto intelligente, un fuoriclasse. Qualche volta mi piacerebbe avere una conoscenza di Tremonti maggiore per sapere se su alcuni argomenti sui quali lui non vuole sentire, ci è o ci fa». Presidente facciamo il gioco della torre. Bersani o Tremonti, chi butta giù? «Non ha una domanda di riserva?». No. «Non riesco a rispondere». Cambiamo soggetti. Il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio o Livia Turco? «Sicuramente butto giù la Turco». Perché? «Perché Fazio è una persona con una marcia in più. La Turco, persona che stimo, non è stata in condizioni di ricoprire il ruolo di ministro della Salute, così come, quali rappresentanti di categoria, avremmo desiderato». Berlusconi o Veltroni? «Senza dubbio tengo Berlusconi. Ho un'innata simpatia per il nostro presidente del Consiglio. Anche se a Veltroni accredito il coraggio di aver fatto dei passaggi in cui come italiano gli sono riconoscente. La situazione che abbiamo oggi in Parlamento è merito principalmente di Veltroni». Le piacerebbe fare politica attiva? «Non ci penso proprio. Amo troppo il mio lavoro. Non è la mia vocazione». Sa di essere considerato un uomo molto vicino al centrodestra? «Credo di dover avere un attegiamento equidistante. Poi non faccio mistero delle mie simpatie. Ci sono però anche tante persone che stimo all'interno del centrosnistra». Tipo? «Beh, Bersani. Ma anche Ignazio Marino e Paolo De Castro». Quali sono i farmaci del futuro? «Avremo un farmaco sempre più specifico e specializzato. Ma soprattutto saranno farmaci sempre più adattati alle singole persone». Cosa ne pensa della riforma Gelmini, soprattutto sotto la voce "Ricerca"? «Penso che dobbiamo cambiare. Bisogna smettere di lamentarsi e dare la possibilità di ottimizzare le risorse. Sicuramente l'approccio è quello giusto e il ministro Gelmini è una persona entusiasta e con una grande voglia di fare. Meriterebbe credito e non solo critiche». Quale è stato il farmaco più efficiente degli ultimi 70 anni? «Il frigorifero». Scusi, ma in che senso? «Ha idea di quanto abbia inciso in termini di allungamento di vita?».

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