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Cercansi riformisti di sinistra

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Si sciopera il 12 dicembre, data anniversaria della strage di piazza Fontana (forse la Cgil vuol far credere al mondo del lavoro che oggi siamo di fronte agli stessi pericoli di quella terribile fine d'anno del '69?).  Sgombriamo subito il campo da un falso dibattito che si innescherà. Lo sciopero è un diritto costituzionale e fanno bene i sindacati a ricorrere ad esso quando credono che vi sia necessità. È un diritto altrettanto sacrosanto criticare uno sciopero quando appare immotivato o largamente esorbitante rispetto agli obiettivi del momento. Come in questo caso. La decisione della Cgil provoca alcune conseguenze problematiche e introduce nella vicenda sociale italiana una inutile drammatizzazione. La stessa motivazione dello sciopero data ieri dal Direttivo della Cgil appare surreale. Si fa lo sciopero sindacale, sostiene un comunicato, per raggruppare in un'unica data tutte le agitazioni di tutti i settori programmate per quel mese. Che senso ha dal punto di vista sindacale questa motivazione? Si mettono assieme vertenze nel privato e vertenze nel pubblico, l'Alitalia e i tramvieri ovvero la scuola e i metalmeccanici, come se ci fosse un'unica rivendicazione e un unico interlocutore da piegare.   Il sindacato di Epifani si misura, unico al mondo, con l'arma più vecchia, lo sciopero, contro nemici del tutto nuovi, cioè la recessione mondiale e la crisi finanziaria. Altrove si cerca collaborazione per ridurre l'impatto della crisi nei confronti della parte più debole del paese, qui si sceglie il muro contro muro. L'esperienza dice che è una strada pericolosa. Ricordo anni fa Giorgio Amendola che battagliava contro un sindacato che non capiva la centralità della lotta all'inflazione e che disapprovava la durezza di alcuni scioperi metalmeccanici. Anni dopo, dopo severe sconfitte, tanti dettero ragione al vecchio dirigente riformista del Pci, che aveva visto più lontano. Lo sciopero solitario rompe forse definitivamente l'unità sindacale. Quello che è stato, da Di Vittorio in poi, l'obiettivo del sindacato di sinistra è stato, da Cofferati in poi, buttato nel cestino. La Cgil va da sola, rompe l'unità del mondo del lavoro, offusca tutte le rivendicazioni in un'unica indecifrabile rivendicazione, che a questo punto diventa tutta politica, e toglie alle singole vertenze forza e rappresentatività. Anche se lo sciopero dovesse riuscire, il giorno dopo l'intero mondo del lavoro sarebbe più debole. Epifani era nella segreteria di Cofferati quando si realizzò la famosa manifestazione romana dei tre milioni di persone al Circo Massimo e dovrebbe ricordare che il giorno dopo il movimento sindacale divenne più debole e cercò altre strade. La solitudine della Cgil rischia ormai di diventare una linea politica. La Cgil va da sola in quasi tutte le vertenze, non ha quasi più controproposte su cui raggiungere accordi, anche piccoli accordi, spesso si fa trascinare, come è accaduto fino a poche settimane fa in Alitalia, dai sindacati autonomi. E' un sindacato senza strategia quello che si propone come il collettore della protesta sociale. Forse è l'ultimo prezzo che si paga alla rinuncia al riformismo. Il sindacato sceglie di farsi direttamente soggetto politico, gareggia con Di Pietro, aiuta ma al tempo stesso ruba consensi al titubante partito democratico e perde per questa via la propria ragione sociale. Così non si va da alcuna parte. L'Italia avrebbe bisogno di sindacati forti e unitari. In primo luogo di sindacati democratici. Chi rappresentano oggi i sindacati? E come rappresentano i loro iscritti e i tanti che non sono iscritti? La proceduta di decisione dello sciopero generale è tutta calata dall'altro e verrà proposta alle strutture sindacali periferiche con un sistema che ricorda il centralismo democratico. I sindacati più radical prenderanno la mano, quelli più riformisti si troveranno di fronte all'accusa di voler sabotare lo sciopero. Una larga e preventiva consultazione dei lavoratori, per decidere assieme lo sciopero, sarebbe stata la via virtuosa da seguire. Invece Epifani, forse qualche mese prima di tuffarsi nella politica politicante, fa forse l'ultimo peloso regalo all'opposizione. La costringe a radicalizzare lo scontro per garantire il successo della manifestazione del 12. Fino a quella data, dal momento che il sindacato nulla chiede e non identifica il proprio interlocutore (Berlusconi? la Marcegaglia? Bonanni e Angeletti?) spingerà il partito politico sulle barricate. Cercansi riformisti a sinistra.  

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