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Nella storia infinita del sofferto rapporto tra giustizia e ...

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Intendiamoci, sono provvedimenti assolutamente legittimi ed è pacifico che su qualunque atto normativo il magistrato di merito possa sollevare eccezione costituzionale. E' parimenti pacifico che qualunque atto normativo reca una valutazione preventiva del Presidente della Repubblica che promulga tutte le leggi di questo Paese, salva la possibilità successiva di Giudizio Costituzionale ad opera della Consulta nei modi e con le forme previsti dalla Costituzione. Se, pertanto, è formalmente inutile tirare in ballo per il Lodo Alfano il Presidente della Repubblica che lo ha promulgato e chiamare in causa il Colle su una vicenda che può valere per qualunque giudizio costituzionale, non sfugge il peculiare rilievo politico della sollevata eccezione d'incostituzionalità, da parte dei Giudici milanesi, di una norma basata su presupposti di recepimento dei parametri di conformità alla Costituzione sanciti dalla Corte Costituzionale. Non dimentichiamo, infatti, che proprio essa ebbe a dichiarare la non costituzionalità del Lodo Schifani per la mancata previsione in esso di presupposti e modalità di conformità costituzionali che sono stati invece pienamente ed integralmente recepiti nel Lodo Alfano. Si può, allora, ritenere, da un canto, che la sollevata eccezione potesse essere evitata e dall'altro, senza tirare in ballo la presidenza della Repubblica, che coerentemente la Consulta potrà valutare, rifacendosi in piena autonomia ed autorevolezza, alla propria giurisprudenza. Ma se questa maggioranza può e deve serenamente e fiduciosamente attendere il pronunciamento della Corte, non sfugge l'altissimo livello di sovraesposizione e significato politici insiti nei provvedimenti milanesi. Si ripropone, allora prepotentemente il tema della corretta impostazione di rapporti tra la sacra autonomia della magistratura e la sovranità dell'azione politica e rappresentativa che non può tollerare, a sua volta, condizionamenti di sorta. Su tali aspetti, nella fiduciosa e serena attesa della decisione della Corte Costituzionale, ma consapevoli del significato di tali prese di posizioni, peraltro ampiamente prevedibili, riteniamo che la politica possa e debba recuperare autorevolezza attraverso precisi atti di assunzione di responsabilità con alti contenuti valoriali. Ricordiamo allora che unica certezza costituzionale in questa materia è che l'art.68 della Costituzione, fin dalla sua promulgazione ha previsto l'autorizzazione a procedere per i parlamentari, quali rappresentanti della sovranità popolare. Ricordiamo, inoltre che tale norma in piena tangentopoli fu abrogata da un parlamento democraticamente eletto ma frettolosamente suicidatosi a completamento della stagione dei veleni di tangentopoli e che mai voce di magistrato si è sollevata o potrebbe sollevarsi contro una norma costituzionale che ripristini l'istituto dell'autorizzazione, salvo attentare proprio a quella stessa Costituzione che tutti tirano in ballo quando gli fa comodo. Ecco, tale vicenda impone davvero, più che tirare la giacca a Napolitano o la toga ai giudici della Consulta, di ritornare allo spirito più sano della Costituzione, cominciando proprio dal ripristino dell'Istituto dell'autorizzazione. *Magistrato e deputato Pdl

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