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«Il razzismo c'è, serve integrazione»

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Fini torna a parlare al centrodestra: «Ma l'intolleranza è anche di sinistra»

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Poche parole di introduzione dal padrone di casa Ignazio La Russa. Inno nazionale d'obbligo. E via con l'intervista. Su due grandi poltrone bianche (modello Porta a Porta) posizionate al centro del palco il presidente della Camera e il direttore del Corriere cominciano a parlare dei grandi temi d'attualità. Primo tra tutti, i numerosi casi di aggressione a cittadini extracomunitari. Gianfranco Fini fa subito una premessa: «Sarebbe sbagliato negare che esiste un pericolo razzismo e xenofobia», ma allo stesso tempo occorre molta cautela. La terza carica dello Stato cita il caso della donna somala che ha denunciato di essere stata umiliata dalla polizia: «Lo ha fatto due mesi e mezzo dopo e la polizia ha dichiarato che la querelerà». Ecco perché la vera sfida del futuro, secondo Fini, è quella dell'integrazione dello straniero, un concetto su cui il presidente dei deputati punta l'accento: «Deve essere effettiva, bisogna fare in modo che i valori della nostra società siano considerati valori da rispettare. Allo stesso tempo bisogna mantenere rigore: non si possono aprire le porte ai clandestini». Altro applauso. Su quale sia l'origine dei fenomeni di razzismo Fini non ha dubbi: «Nasce dalla diffidenza e dall'ignoranza e dalla paura nei confronti dell'altro che spesso è motivata». Alla domanda sul fascismo e antifascismo, il presidente della Camera replica in modo secco («L'intolleranza può essere di sinistra, di centro o di destra») ricordando come il fenomeno della xenofobia assuma dei connotati diversi nella realtà di oggi. «Non c'è più chi pensa ad una superiorità etnica», osserva Fini che comunque non manca di bollare «i naziskin, le teste rasate» come delle «teste vuote». Il presidente di Montecitorio invita quindi le forze in Parlamento a portare avanti «politiche di integrazione» per riuscire a risolvere il problema della xenofobia e proprio per questo obiettivo ipotizza di istituire alla Camera «un osservatorio sul razzismo». La sala è stracolma e durante l'intervista al principale inquilino del Palazzo non si sente volare una mosca. Il direttore del Corriere incalza Fini su altre questioni scottanti: Casini («Rimetto l'abito da presidente della Camera e le chiedo di passare alla prossima domanda»), Pdl («I dirigenti stanno lavorando bene, mi dispiace non poter partecipare in prima linea»), i lavori parlamentari («I deputati devono lavorare un po' di più, onori ed oneri»), Commissione di Vigilanza Rai (rosa di nomi proposta da Casini? «Io taccio. E chi tace acconsente»). Neanche a dirlo, termina l'intervista e scatta la ressa. Tanti vorrebbero parlarci, salutarlo, fare qualche foto. Ma non c'è tempo: il presidente della Camera deve ripartire subito alla volta della Capitale. Con un lungo corteo, tra bodyguards, fan, cronisti e accompagnatori, il presidente della Camera saluta tutti e sale in macchina.

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