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«Il nostro modello è il congresso Usa»

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Per il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito è questo il punto attorno a cui tutto ruota. Così, a chi accusa il governo di non aver rispetto delle Camere, risponde: «Nessuno vuole negare la funzione legislativa del Parlamento e la sua centralità anzi, vogliamo esaltarla». L'opposizione, però, vi accusa del contrario «È una polemica che si trascina da anni. Anche se ricordo che l'emanazione di decreti legge a inizio legislatura costituisce una tendenza fisiologica». Perché? «Ci si trova in una fase di passaggio. L'istruttoria parlamentare sui disegni di legge ordinari è, naturalmente, ancora incompiuta. E il governo ha la necessità di adottare interventi urgenti per avviare la propria azione. Noi, tra l'altro, arrivavamo dopo un periodo di transizione che aveva fatto accumulare diverse questioni urgenti». Quindi siamo nella normalità? «Premesso che abbiamo fatto ricorso a tali provvedimenti solo in casi di reale emergenza (Alitalia, rifiuti campani, sicurezza), non voglio però mettere la polvere sotto il tappeto. Il problema c'è. Ma dico anche che in questi primi mesi, da parte nostra, c'è stata una grande attenzione verso il Parlamento». Cioè? «Anzitutto non è vero che le Camere sono state impegnate esclusivamente su decreti legge. Ad esempio abbiamo avuto importanti ratifiche come quella del Trattato di Lisbona e il Lodo Alfano, al di là del giudizio politico, era un disegno di legge ordinario». E le fiducie? «Su 19 decreti legge l'abbiamo posta solo 5 volte. Nello stesso periodo Prodi l'aveva posta 7 volte su 11 decreti. Tra l'altro abbiamo sempre recepito o introdotto modifiche già approvate dalle commissioni parlamentari». Scusi, ma se è così dove sta il problema? «In tutte le democrazie occidentali la funzione di guida del procedimento legislativo è affidata al governo che deve attuare il programma scelto dagli elettori ed indicare delle priorità». Questo cosa significa, che il Parlamento deve stare a guardare? «No, al contrario, la domanda è: come questo si sposa con la centralità del Parlamento?» Non la seguo. «Le faccio un esempio. Il governo ha fatto un disegno di legge sulla prostituzione. Lei sa per caso quando arriverà all'esame del Parlamento?» No. «Neanche io. Allora mi domando: il Parlamento è felice di questo andamento dei lavori farraginoso e scarsamente concludente? Bush ha presentato un piano di risanamento finanziario al congresso, glielo hanno approvato in una settimana». Quindi, come ne usciamo? «Viviamo in un'epoca in cui il tempo della risposta è parte della qualità della stessa. Per questo serve una modifica dei regolamenti parlamentari». Che tipo di modifica? «Dobbiamo rafforzare gli strumenti di indirizzo e controllo del Parlamento e prevedere uno statuto dell'opposizione. Allo stesso tempo, però, dobbiamo garantire tempi certi per l'approvazione dei provvedimenti. Oggi io, nonostante la grande disponibilità dei presidenti di Camera e Senato, sono costretto ad andare con il "cappello in mano" a chiedere che vengano calendarizzati provvedimenti che riteniamo prioritari. Non ho gli strumenti che hanno, ad esempio, altri governi europei». E come la mettiamo con la polemica di questi giorni? «Noi denunciamo sempre l'effetto, ma non ci interroghiamo mai sulle cause. Sottraiamo la discussione sui regolamenti alla polemica politica. Riconosciamo che il sistema, così come è, ha dei limiti. Bastano poche modifiche. Ne guadagneremo tutti».

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