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Gelmini: trasformare le scuole in fondazioni

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Giacca chiara, pantaloni scuri, il ministro dell'Istruzione manda un messaggio chiaro alla platea di Comunione e liberazione ma anche a chi, in questi mesi, ha lamentato l'assenza di personalità cattoliche all'interno del governo. Ma Gelmini si spinge anche oltre. Parla di valutazione, valorizzazione del merito, autonomia degli istituti scolastici, libertà di scelta. Musica per le orecchie di chi dedica all'educazione un'attenzione tutta particolare. Tanto che Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussiadiarietà, non ha dubbi: «Si tratta di uno dei punti su cui centrosinistra e centrodestra giocano il proprio futuro. È una questione decisiva e, per questo, serve un dialogo riformista che tagli fuori l'estremismo ideologico». L'auspicio è che si possa partire proprio da Rimini dove è stata invitata anche il ministro-ombra dell'Istruzione Maria Pia Garavaglia. E la senatrice del Pd, cattolica con un passato nelle fila cielline, tende la mano: «La scuola è di tutti. Occorre fare squadra». Parole che scaldano ma non infiammano anche perché nessuno dimentica che, proprio lo scorso anno, a quello stesso tavolo c'era l'allora ministro dell'Istruzione Giuseppe Fioroni e che tante delle sue promesse sono rimaste tali. Davanti alla platea amica riminese Gelmini non si lascia sfuggire la possibilità di lanciare alcune proposte. A cominciare da quella di trasformare tutte le scuole, anche quelle statali, in Fondazioni. L'idea non è una novità. Già in Finanziaria il governo ha ipotizzato una soluzione simile per la gestione delle università. Ora il ministro estende la proposta anche se subito spiega che non si tratterebbe di «una privatizzazione, ma di un'esaltazione dell'autonomia con la famiglia al centro del processo decisionale. La scuola è sempre e tutta pubblica». Insomma l'obiettivo è quello di aumentare l'autonomia gestionale degli istituti dando loro la responsabilità di spendere le risorse disponibili e, eventualmente, reperirne di nuove. Un quadro che però, per essere completo, necessità di strumenti concreti per garantire la libera scelta dei cittadini. Così, ad esempio, Gelmini sposa (e Garavaglia con lei) l'idea lombarda di affidare alle famiglie una dote da spendere per l'educazione dei propri figli. Liberamente. Ma il progetto riformista del ministro dell'Istruzione non si ferma qui. Da Rimini Gelmini ricorda che, oggi, verrà portato in consiglio dei ministri il decreto legge che reintrodurrà il voto in condotta e l'insegnamento dell'educazione civica. «Abbiamo scelto la strada del decreto — spiega — per far sì che questi interventi entrino in vigore fin da quest'anno scolastico». A settembre, invece, verrà presentato alle parti sociali un programma basato su alcuni pilastri fondamentali: autonomia, valutazione, merito, semplificazione delle regole e razionalizzazione della spesa («il problema non sono le risorse ma come si utilizzano. Il 97% della spesa scolastica oggi se ne va per gli stipendi dei professori»). Resta giusto il tempo per applaudire all'Authority sul costo dei libri, per dire no a un tetto per il numero di stranieri nelle classi scolastiche, per dirsi favorevole all'abolizione del valore legale del titolo di studio e per ribadire che le scuole del Sud hanno un «deficit» rispetto a quelle del Nord («lo dicono i dati Ocse Pisa») ma che non significa «dare giudizi sui professori».

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