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Alitalia non lascia nessuno a terra

Alitalia

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Sarà stata solo una coincidenza fortuita fatto sta che, il giorno dopo l'annuncio della nascita della nuova società che, grazie all'intervento di 15 imprenditori (il sedicesimo è una cordata di piccole e medie imprese), avrà il compito di salvare la compagnia di bandiera, a Rimini sono arrivati Altero Matteoli e Giulio Tremonti, due dei ministri competenti, Antonio Tajani, commissario europeo ai Trasporti, ed Enrico Letta, l'uomo che nel governo Prodi si occupò del fascicolo. Tra loro c'è anche l'amministratore delegato di Autostrade e Atlantia Giovanni Castellucci, coinvolto nel salvataggio, che lascia frettolosamente i padiglioni della Fiera proprio per partecipare al consiglio di amministrazione che deve deliberare la quota (100 - 150 milioni di euro) che dovrà essere versata dagli imprenditori. Così il futuro della compagnia aerea diventa il tormentone dell'intera giornata. E subito si capiscono le posizioni in campo: da un lato il governo che segna un altro punto a suo favore mostrando che l'idea di una cordata italiana non era un bluff, dall'altro l'opposizione che, forse spiazzata dall'annuncio, prova a correre ai ripari. Anche se, in attesa del Consiglio dei ministri che oggi darà il via al piano (verranno portati un decreto e un disegno di legge delega per modificare la Marzano), gli interrogativi aperti sono ancora molti. Non contribuiscono a scioglierli gli illustri ospiti del Meeting. Giulio Tremonti, infatti, evita accuratamente l'argomento e si limita ad alcuni flash. «Ci hanno lasciato due disastri, Napoli e Alitalia — commenta — Il primo, Berlusconi lo ha risolto a fine luglio; ora risolverà anche Alitalia». Quindi una rassicurazione: «Il risparmio è un bene pubblico che deve essere tutelato e i piccoli risparmiatori saranno tutelati». E non è un messaggio casuale visto che a turbare i sogni degli italiani, più che la nuova compagnia, è la bad company che raccoglierà i debiti di Alitalia. Cosa succederà se dovesse fallire? Che fine faranno gli obbligazionisti? Anche Matteoli prova, un po' fumosamente, ad assicurare che non ci sarà una riedizione del «crack» Parmalat. «Se Alitalia fosse fallita — spiega — il danno per gli obbligazionisti sarebbe stato ancora maggiore». Quanto poi ai dettagli del piano il ministro delle Infrastrutture si limita a confermare che si va verso il commissariamento della bad company (in pole il nome dell'ex ministro Augusto Fantozzi) e che il governo non «lascerà per strada nessuno». «Diamo molta attenzione — replica — al problema relativo all'occupazione. Nessuno resterà a piedi». Che tradotto vuol dire ricollocazione nell'amministrazione statale (si parla delle Poste, ma non solo) o «un ammortizzatore sociale che permetta di vivere con un po' di tranquillità». Ma l'opposizione non si fida e, in attesa di trovare una strategia migliore, si affida ad annunci catastrofici. «La spavalderia con la quale il governo e il ministro Tremonti parlano di vicenda risolta — attacca Enrico Letta passeggiando tra i padiglioni della Fiera — è fuori luogo. Se la soluzione è Air France oggi non si capisce cosa abbia fatto Berlusconi ad aprile quando l'ha fatta scappare. Se la soluzione è fare una bad company vuol dire lasciare la parte buona agli imprenditori che ci mettono i soldi e scaricare i debiti sulle spalle del contribuente italiano».  

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