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Bonino: «Tanto rumore ma il problema resta»

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Spero comunque che sia dato un messaggio forte a sostegno di un'apertura della Cina nei confronti dei diritti umani». Oggi si aprono ufficialmente i Giochi. I Radicali protesteranno ad Assisi. Finite le polemiche il problema resta. «Intanto la nostra non è una protesta ma una proposta, con tanto di iniziative a sostegno. Comunque, chi pensa che certi problemi si risolvono in un giorno non conosce certe situazioni. L'Italia deve essere persistente e continuare a chiedere alla Cina di fare uno sforzo ed evolversi nel campo dei diritti umani». Nel 1994 lei tenne una conferenza stampa proprio con il Dalai Lama. Lo ha sentito in questi giorni? «Io personalmente no, ma siamo in continuo contatto con il Parlamento tibetano. Con il Dalai Lama ho un rapporto politico strettessimo. E lo stesso vale per il gruppo etnico degli iuguri, di cui sentiremo parlare sempre di più». La Cina è pronta a crescere anche nel campo dei diritti? «L'evoluzione di questa nazione sarà lunga e difficile. Basta vedere quanto ci abbiamo messo noi a diventare una popolazione pacifica basata sullo stato di diritto. Per loro la strada non sarà breve, in un Paese che conta più di 1 miliardo e 300 milioni di persone, con una tradizione nel campo dei diritti individuali praticamente inesistente». Cosa consiglia al ministro Frattini? «Il governo ha fatto la sua scelta. Mi auguro che Frattini sia portatore di un messaggio di attenzione alla popolazione tibetana. C'è bisogno di saper ascoltare in questo momento, serve umiltà. Soprattutto spero che dopo il clamore delle Olimpiadi non finisca tutto. Che non rimangano solo i Radicali e le solite associazioni a difendere i diritti delle minoranze. Finiti i Giochi lì il problema resta». Intanto Bush si è detto preoccupato per lo stato delle libertà in Cina e Pechino chiede di non interferire sulle proprie questioni. È uno scontro tra Giganti? «Non credo ci sia questo muro tra i due Paesi. L'America vive degli investimenti cinesi, anche se è indubbio che Bush, giunto a fine corsa, voglia dare un segnale di attenzione alle minoranze». E l'Ue, oggi, non può indicare una strada. «La politica estera, come quella energetica, di difesa o sull'immigrazione è di competenza delle nazioni. Quindi ci ritroviamo Sarkozy in Cina e Brown no. Credo, da federalista, sia un errore che su certi temi l'Ue non abbia un'unica voce».

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