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Nasce l'asse Giorgio-Silvio

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Non la ritira, come richiesto da più parti, ma la depotenzia: uno «sforzo» che sarebbe stato apprezzato dal capo dello Stato Giorgio Napolitano che in un'intervista a Itar-Tass, sottolinea come il potere abbia «un sapore amaro» quando si tratta di prendere «decisioni impopolari». Riferendosi forse alla decisione, criticata a Piazza Navona, di non stoppare il decreto. Le modifiche però non sembrano soddisfare il centrosinistra (anche se vanno nella direzione richiesta) che annuncia il suo possibile «no» all'intero provvedimento. «Non è che se ci si chiede di votare - mette in chiaro Walter Veltroni - noi votiamo...». Il Pd, avverte, darà un giudizio complessivo sul testo e «l'orientamento è quello di votare contro». Perchè oltre alla «blocca-processi» (anche se riveduta e corretta) ci sono altre norme che convincono poco il Pd. A chiedere ai Democratici di votare «sì», ora che la norma della discordia è cambiata - nel senso che non ci sarà più una sospensione automatica dei processi per reati commessi fino al giugno 2002, ma un semplice rinvio (fino a 18 mesi) per quelli che non rientrano nell'elenco delle priorità indicate dal governo - sono il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno e il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano. «Il Pd non ha più alibi - dice quest'ultimo - e se volesse porsi in sintonia con i propri elettori dovrebbe votare il decreto sicurezza». Ma la scelta del partito di Veltroni sembra sia di dire «no». Come fa capire il ministro-ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia: «Rispetto alla versione originaria i danni sono stati limitati, ma i problemi non sono risolti». Nell'attesa, il Pd presenta 1.200 emendamenti che spingono Vito a minacciare il ricorso al voto di fiducia per accorciare i tempi (un'ipotesi in realtà ventilata da tempo). Una fiducia che molto probabilmente verrà posta lunedì, quando l'Assemblea di Montecitorio tornerà a riunirsi per cominciare l'esame degli emendamenti, e votata martedì. In Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ha quindi ringraziato Angelino Alfano per il suo lavoro e confermato che l'esecutivo intende andare fino in fondo con i provvedimenti già in calendario, a partire dal Lodo per le alte cariche dello Stato. Solo così, ha sostenuto con vigore, il governo riuscirà a far uscire prima possibile, e definitivamente, il Paese dallo stato di emergenza in cui ancora si trova. E in questo quadro, Berlusconi ritiene importante il rapporto costruito con il Quirinale nei giorni scorsi: rapporto rafforzato dal colloquio telefonico di giovedì con Giorgio Napolitano. Le modifiche al decreto sicurezza, che riducono sostanzialmente la portata della norma «blocca-processi», presentate in Aula alla Camera, confermano la massima attenzione, si ragiona in ambienti della maggioranza, con cui palazzo Chigi intende curare il dialogo con il Colle.

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