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Galan: "Il Pdl come la Coca Cola"

Galan

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Presidente, chi glielo ha fatto fare? «Boh, così. Ho sempre pensato che i libri dei politici sono illegibili, noiosissimi e sempre uguali. Scritti più per compiacere alla gente che per altro. Per questo nel mio ho preferito fare nomi e cognomi» Uno che trova proprio illegibile? «Tutti». Ha fatto nomi e cognomi finora non può citare uno di un autore-politico? «Il libro di Cesare Salvi. Bellissimo per le prime quaranta pagine, bruttino nelle seconde quaranta, politico nelle successiva centoquaranta». Qual è il progetto politico che c'è nel libro? «Il Veneto è diverso dalle altre regioni d'Italia». E perché è diverso? «È diverso perché è chiuso fra due autonomie speciali. Diverso perché ogni veneto che possiede una barca a poppa ha la bandiera italiana e, a fianco, quella della sua regione: non capita ovunque. Chi vive da noi ha una storia, una tradizione e bene o male si sente erede della repubblica che ha avuto la più lunga durata nella storia dell'umanità». E allora? «E allora visto che ormai è evidente che non si può governare l'Italia con lo stesso provvedimento che abbia efficacia da Enna a Vicenza, è anche evidente che l'offerta politica non può che essere differenziata. Questo spiega anche in larghissima misura il risultato elettorale dove di fronte a uno straordinario, irripetibile, mai successo risultato che lascia cinque milioni di voti di sistacco, di fronte a un Pdl che acquisisce consensi in tutta Italia, in Veneto di questo non ne beneficia il nostro partito». Bensì stravince la Lega che guadagna sette-otto punti... «E certo. Se ovunque guadagni e lì perdi allora devi fare qualcosa». E che cosa? «Adesso s'incazzerà Berlusconi: del ponte sullo Stretto ai veneti non gliene frega nulla. Ora ne dico un'altra che lo farà arrabbiare: quando viene per l'unica volta in campagna elettorale in Veneto e viene chiesto qual è la priorità delle priorità e lui risponde "I rifiuti di Napoli"....» Non doveva dirlo? «Guardi, se risponde così dice una cosa da premier: tanto di cappello. Ma io perdo centomila voti perché per nessun veneto l'emergenza è quella». E che cosa avrebbero voluto sentirsi dire? «Federalismo, autonomia, sicurezza. D'altro canto come puoi esere credibile se non lo sei neanche nella struttura del tuo partito». Ma che cosa vuole fare? Una nuova Svp? «No, non è pensabile. Parlano un'altra lingua, c'è una storia dietro, c'è un'identità particolare. Non è ripetibile altrove e poi siamo troppo grandi». E allora quale altro modello? «Quello della Csu-Cdu in Germania, che è un rapporto tra federante e federato. Mi accontenterei anche di qualcosa di meno». D'accordo, ma la Germania è una repubblica federale... «Vero, ma abbiamo vinto le elezioni dicendo al Nord che avremmo fatto il federalismo. E allora comincia dal partito, no?». Non rischia di diventare un'iniziativa contro Berlusconi? «Per carità, sarei un pazzo se facessi una cosa contro il trend nazionale». Il suo però è troppo simile al progetto della Lega. «Assolutamente no. La Lega è un partito monolitico, per nulla federato. D'altra parte sarebbe stupido che io rinunciassi a un brand nazionle di un partito che prende il 38%. Pensi alla Coca Cola: un marchio, dopo di che nelle varie regioni d'Europa metto un po' meno zucchero in Italia perché così piace agli italiani, un po' più zucchero in Germania perché così piace ai tedeschi. Insomma, varia la ricetta a seconda delle zone ma non rinuncia mai allo stesso logo». Insomma, lei vuole fare il Pdl light, il Pdl zero... «No, voglio fare il Pdl veneto con forti caratteristiche venete». Tutto il suo discorso come si fa a conciliare con la figura di Silvio Berlusconi? «È un un uomo di straordinaria intelligenza. Basta vedere come è andata a finire la storia recente. Perché siamo fessi Formigoni ed io? Non direi. Perché abbiamo governato male? Non mi pare, tutt'altro. Il punto è l'offerta politica, la Lega è stata più brava facendo anche cose che noi non faremmo mai». Che cosa ne pensa del ministro Zaia, il suo successore? «Non credo che sarà lui, vedrà. Di lui comunque penso solo bene. Anche se gli imputo un po' troppa cura dell'immagine, è stato un vicepresidente di assoluta lealtà. Spero faccia bene anche se è un ministero il suo, quello delle Politiche Agricole, che guarda più all'Europa». Lei pensa che la Lega possa entrare nel suo progetto? «No, immagino un Pdl un po' diverso rispetto a quello nazionale. Per esempio da noi sono entrati i socialisti. Ma con la Lega resteremo alleati e chi avrà più voti avrà posti di maggiore responsabilità. Un po' di sana concorrenza fa bene a tutti. Dovrebbe saperlo anche Verdini». Verdini? «Quando è venuto in Veneto ha visto il gelo con cui è stato accolto il suo discorso nazionale. E l'applauso di quasi dodici minuti che è seguito l'intervento di Niccolò Ghedini». E che cosa è successo tra i due? «Verdini è venuto a fare un discorso che andava bene per la liguria, Firenze, la Calabria. Cinquantadue minuti, dieci secondi di applauso. Poi è intervenuto Ghedini e ha detto: "Sei stato troppo in Toscana". E la sala si è infiammata». Perché nel libro dice che Formigoni che è bravo ma... «Siamo differenti. La sua più bella cosa è aver preso all'Europee di Oscar Luigi Scalfaro. Lui ce l'ha nel sangue la politica. A lui piace la riunione, a me no». Vi unisce il fatto di non aver avuto grande fortuna, come tutti i governatori. «Per lui la fortuna sarebbe fare il ministro, per me sarebbe una sciagura. Quando monto su un aereo per venire a Roma già ho un senso di malessere». Berlusconi che cosa ne pensa di questo suo progetto? «Quando gliene ho parlato, ed ero assieme a Ghedini, alla fine mi ha chiesto in che cosa sarebbe stato diverso. E io gli ho spiegato alcune cose. Per esempio: le candidature le facciamo noi. Se lui vuole infilare un nome, Valentino Valetini, chi è che gli dice di no? L'importante è che passi il concetto che scegliamo noi». E lui? «Mi ha detto: "Boh, non mi pare una roba impossibile"». E poi che cos'altro gli avete chiesto? «L'autonomia finanziaria. Lui ci ha detto di preparare uno schema». Com'è Ghedini politico? «Un uomo di notevole intelligenza e coraggio. Poi ha anche il vantaggio di essere l'avvocato di Berlusconi». Nel libro, quando si parla di Carollo, manifesta una categoria sconosciuta alla politica: una bruciante delusione personale. «Bravo, è solo così».  

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