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Anche Di Pietro all'attacco di Walter

Di Pietro

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Proprio lui che per primo aveva puntato il dito contro l'opposizione troppo morbida messa in campo dall'ex sindaco di Roma. Il leader dell'Idv arriva come il medico legale, giusto in tempo per certificare la fine dell'era veltroniana. E da Castellammare di Stabia, dove si sta svolgendo l'assemblea programmatica del partito, lancia la sua sfida: «Prendiamo atto delle difficoltà dei democratici. E prendiamo anche atto del fatto che da soli non vanno da nessuna parte. Solo in uno splendido isolamento che può diventare una splendida sconfitta per l'eternità». Parole definitive anche Di Pietro lascia aperto uno spiraglio. Tutto questo, infatti, potrebbe essere scongiurato se Veltroni e i suoi accetteranno di aprirsi ai «programmi innovativi» dell'Idv che ruotano attorno ad alcuni temi fondamentali: rilancio dell'economia; riforma della Costituzione e della giustizia; energia e ambiente; federalismo fiscale; battaglia contro le leggi ad personam. Secondo l'ex pm il Pd «da solo non potrà mai rappresentare la maggioranza dei cittadini italiani, anche perché è diviso in correnti diverse che ipocritamente vengono occultate. Per di più è finito il tempo delle ideologie che noi abbiamo da tempo messo da parte per guardare ai programmi concreti. Abbiamo presentato molti progetti di legge. Siamo una vera forza alternativa e proponiamo al Pd di condividere questo impegno». Lo «schiaffo» di Antonio Di Pietro arriva mentre all'interno dei Democratici continua la discussione sulla leadership aperta da Arturo Parisi. Per niente intimorito dal diluvio di critiche e accuse proveniente dai fedelissimi di Veltroni, il professore super-ulivista non cede di un millimetro: «Il problema non è la mia solitudine nel partito, ma la solitudine crescente del partito tra gli elettori». Parisi invita ad aprire gli occhi sul mancato sfondamento al centro e sull'attuale fuga degli elettori di sinistra catturati dal Pd alle politiche: il rischio, sostiene, è che, lasciando andare gli elettori in libera uscita verso Di Pietro o l'astensione, il Pd debba ridursi a inseguire Berlusconi, facendo delle esternazioni del premier la «guida dei nostri no, dopo aver cantato per mesi la canzone del sì». Di fronte all'affondo dell'ex ministro della Difesa i veltroniani fanno quadrato intorno al capo. Il numero due del Pd Dario Franceschini, in un'intervista a Repubblica, invita Parisi ad abbandonare «lo sport nazionale» del «logoramento del leader». Duro anche Goffredo Bettini, coordinatore del Pd, che lo accusa di procedere «a colpi di piccone». Con Parisi è invece il prodiano Franco Monaco, che invoca un chiarimento da realizzare in un «congresso vero, con tesi a confronto». Giusta, secondo Monaco, la critica di Parisi alla direzione del Pd: veltroniani e dalemiani, sostiene si sono ritrovati insieme in una situazione di «ambiguità politica figlia dell'ammucchiata indistinta che ha sostenuto Veltroni alla primarie». In realtà Massimo D'Alema e i suoi sono in grande movimento: oggi, insieme con Pierluigi Bersani, l'ex ministro degli Esteri presenta «Red», l'associazione di «Riformisti e Democratici» che già nell'acronimo strizza l'occhio a sinistra. Alla vigilia dell'appuntamento, il dalemiano Gianni Cuperlo invoca «nuove leadership» che sappiano dare il segno di rinnovamento e sostituiscano la «foto di gruppo» dell'attuale dirigenza democratica, che oggi appare «un pò ingiallita e logorata». Se questa fosse la linea di D'Alema ce ne sarebbe abbastanza per sancire una spaccatura irreparabile con Veltroni.

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