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Stangata intercettazioni. Fino a tre anni di carcere per chi le pubblica

Maroni

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I ministri del Carroccio, si sono appena riuniti col premier Silvio Berlusconi: è Umberto Bossi, lasciando il quartier generale di via del Plebiscito, a chiarire che l'incontro è andato bene. Roberto Maroni, ministro dell'Interno, pochi minuti dopo darà la conferma definitiva, spiegando la linea del governo sul testo che regolerà le intercettazioni telefoniche. All'incontro comunque si è discusso anche dell'accordo con i Comuni per la restituzione dell'Ici non versata, mentre è sempre la più lontana la possibilità che nel Consiglio dei ministri di oggi vengano indicate le deleghe dei ministeri senza portafoglio. Ma è il disegno di legge del governo sulle intercettazione a tenere banco. Il testo punta a riformare principalmente due articoli del codice penale: il 617 e il 684. Con il primo si vuole colpire chi «prende diretta cognizione degli atti del procedimento penale coperti da segreto», e la punizione sarebbe quella che venne prevista nel ddl Mastella: da 1 a 3 anni di carcere. Con il secondo invece si vuole punire chi pubblica questi atti. Con la sanzione che passa da 30 giorni di carcere a 3 anni. E aumenta anche l'ammenda: da un massimo di 258 si arriva a 1.000 euro. Ma su queste due norme il governo sta ancora discutendo. Si potranno fare intercettazioni in tutte quelle indagini che riguarderanno reati con pene edittali superiori ai 10 anni, quelli contro la Pubblica amministrazione, tra cui quindi la corruzione, e quelli gravissimi come la pedofilia. Ma si potrà intercettare anche nel caso di molestie ripetute (stalking). Secondo quanto trapelato, con il testo del governo si dovrebbe istituire un archivio riservato nel quale custodire il testo delle intercettazioni e il pm potrà chiedere l'autorizzazione agli ascolti non più al Gip, ma ad un organismo collegiale. Nel ddl, inoltre, ci dovrebbe essere la norma transitoria secondo la quale la riforma non verrebbe applicata ai processi in corso. Il disegno di legge che arriverà in Parlamento provocherà il primo vero scontro tra la maggioranza e un'opposizione che il vice capogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, giudica «immatura» (in prima linea l'Idv di Di Pietro, con al seguito Veltroni e il Pd). Intanto a chiarire che nessuno, con il ddl, vuole creare ostacoli alle indagini che necessitano di intercettazioni, ci pensa il ministro della Difesa Ignazio La Russa: «Quello che non ci piace è che vi sia l'uso di questo strumento in ogni circostanza, che diventi un abuso». Secondo La Russa, «la colpa è di una legge troppo aperta, troppo permissiva. Vogliamo dare ai magistrati l'opportunitàdi usare questo strumento in modo più mirato e preciso, ma senza impedire l'accertamento della verità dei reati». Alla Camera cominciano a circolare voci secondo le quali si starebbe cercando di trovare una soluzione alternativa, affinché nessun strascico giudiziario possa interessare il presidente del Consiglio fino alla fine del suo mandato. Indiscrezioni a parte, ciò che sembra certo è che il feeling Pdl-Lega continua a funzionare. Magari con qualche mediazione dell'ultimo minuto, ma se fino a mercoledì sembrava tutto in alto mare, oggi l'intesa Berlusconi-Bossi potrebbe dare una svolta storica nell'uso delle intercettazioni telefoniche.

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