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Arriva Veronesi e nel Pd continua la parata di stelle

Veronesi

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Tuttiavevano letto le parole del numero uno di Viale dell'Astronomia come un attacco diretto al Pd di Walter Veltroni dove, meno di una settimana fa, si è accasato Matteo Colaninno, presidente dei giovani di Confindustria, «figlio di» Roberto. Ma Montezemolo aveva subito placato le male lingue. In ogni caso poco importa. Il presidente degli industriali sbagliava. Le liste del Pd non sono composte da «figli di», semmai sono una parata di stelle. Alcune più note, altre meno, ma comunque con un grande appeal sull'opinione pubblica. Il tutto in perfetto «Veltroni style». L'ultimo a salire sul pullman verde del Partito Democratico è stato Umberto Veronesi, 83 anni, ex ministro della Salute e uno dei più famosi oncologi italiani. Il professore sarà capolista del Pd al Senato in Lombardia. Ad annunciarlo è stato lo stesso Veltroni durante Tv7 l'approfondimento settimanale del Tg1. È stato un «parto» sofferto. La proposta di candidarsi era stata fatta a Veronesi già una decina di giorni fa ma lui, ha chiesto un po' di tempo per pensarci e ha sciolto la riserva solo dopo un giro di consultazioni personali. «È un gran colpo - spiegano entusiasti al loft - in questo modo riusciremo a raccogliere consensi anche all'interno di quella borghesia milanese che, alle scorse comunali, votò la Moratti». Così, anche il professor Veronesi si unisce alla parata di stelle veltroniana. Da quando, lo scorso 16 febbraio, il candidato premier del Pd ha cominciato la sua campagna elettorale, non ha lasciato passare più di qualche giorno prima di aggiungere un «trofeo» nella sua bacheca. I primi sono stati Matteo Colaninno e Antonio Boccuzzi, l'imprenditore e l'operaio superstite del rogo della Thyssenkrupp. Poi è arrivato il superprefetto Luigi De Sena, l'uomo delle istituzioni mandato dall'ex ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu in Calabria per combattere la 'ndrangheta. Ultimo, almeno per ora, Pietro Ichino, il giuslavorista editorialista del Corriere della Sera. Tutti pezzi da novanta. E poco importa che le posizioni di Ichino su alcuni temi abbiano già creato una piccola sollevazione popolare all'interno del partito (ma Veltroni lo ha difeso: «Dice cose coraggiose, talvolta difficili, ma nel solco del riformismo»). Poco importa che la Sinistra Arcobaleno punti il dito sull'impossibile coabitazione tra Colaninno e Boccuzzi («uno è di troppo»). Poco importa che, dal fronte opposto, Benedetto Della Vedova faccia notare che «non sarà con le candidature eccellenti che Veltroni potrà conquistarsi ciò che gli elettori non possono riconoscergli: la credibilità del suo progetto politico». L'importante è il risultato in termini di consenso. Per un voto in più, sul pullman del Pd, c'è sempre posto.

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