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Rosanna Pugliese NAPOLI «Manteniteme». L'urlo contro ...

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La discarica sarà qui. La prima vera notte di resistenza al presidio è passata lentamente e lascia una sensazione di dolore. E un quartiere della città distrutto. Passioni corrosive si mettono assieme, e alla fine sei mescolato come la "monnezza". Una grande pena. Ti cade negli occhi dei poliziotti che implorano di non esagerare. Nell'impotenza della gente di contrada Pisani. In quella più generale di napoletani e campani, di te stesso sepolto dai rifiuti. La nausea fisica. Imbarazzo, rabbia. Fra la ferocia e la farsa, sono torture collettive. Ma resta anche l'impressione di aver provato paura, al buio, dove arrivano anche hooligans e petardi, sulla "Montagna Spaccata". Alla fine, fra le colline di rifiuti rivestite di prato, contese fra Quarto, Pozzuoli e Napoli, si è semplicemente umiliati. All'alba arrivano i camion? Nel presidio ci sono venti persone. Assenti gli amministratori della lotta. Assenti i giovani facinorosi, che hanno potuto liberamente devastare il quartiere, dove le forze dell'ordine arrivano quasi sempre un minuto dopo. Un gruppo spaventato di persone che quasi dorme alza le mani. Due feriti, in modo lieve. Gli agenti smentiscono la carica. Certo è che i camion irrompono in uno spazio angusto. Pericolosi. Al secondo impatto con le forze dell'ordine, restano nelle prime file seduti a terra, sfidando scudi, caschi e manganelli soprattutto anziani e donne. Quelli che non bivaccano. Quando perdono, insultano, maledicono. Veleno dentro e fuori, avvilimento. E poi nuovi scontri e ancora feriti in un crescendo di tensione. Non è facile neppure penetrarlo quest'inferno. La soluzione è seguire qualche indigeno. Fabio ti porta trionfante a nascondere l'auto dietro un cancello. Ti fa offrire il caffè della mezzanotte dalla proprietaria di una pizzeria. E poi ti racconta di "Zi Tiritto", che sta per Salvatore, un parente. «Un uomo che sputava nel caffè davanti ai tuoi occhi e dopo ti costringeva a berlo». Un Di Francia: «Il famoso La Marca gli affidò una collina enorme perchè gli producesse delle mele annurche e se ne andò a Roma», racconta. «Zi Tiritto comprava mele e gliele portava. Sulla collina pensò bene di iniziare invece a scavare: prendeva pietre per costruire, e scaricava mondezza. Una fortuna». Ecco il primo della dinastia della famigerata vecchia discarica. Nella contrada non si contano i parenti. «Tutti hanno fatto i soldi, qui, sui rifiuti». Quarantasette anni di veleni. In un "quartiere" privo di rete fognaria, di tubature del gas, dove vivono almeno 2000 persone. Sul posto della guerra di queste notti i ribelli e i soldati si scrutano attraverso la luce del fuoco. Tenute antisommossa e cappellini neri, motorini insidiosi, sguardi torvi, molte brutte facce. Ci sono anche due consiglieri locali, uno ridanciano, che anima la folla tutto il giorno, ma poi va a dormire prima dello scontro. Lo avvertono della incursione dei camion, Marco Nonno non ritorna. Ha litigato con l'altro dello stesso partito. È accigliato, Pietro Diodato. Ha denunciato mani della camorra sulla protesta ma alla gente sembra indeciso sul da farsi: «Pianura l'ha persa», dicono, lo cacciano. Poi c'è il dilemma sulla camorra. «A Pianura la camorra non c'è - è la risposta -. La camorra è nella discarica. In quella vecchia e in quella nuova. Hanno bruciato milioni di euro, ecco la camorra».

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