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"Fausto ha capito che la sinistra non può governare il paese"

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Raggiuntoin una pausa dei lavori di Palazzo Madama il senatore del Pd Antonio Polito non vuole iscriversi né al partito degli arrabbiati, né a quello dei preoccupati e preferisce, piuttosto, analizzare l'intervista. Parola per parola. Senatore, il governo ha fallito la propria missione? «Bertinotti esprime una critica dura alla politica dell'esecutivo. Secondo lui, visto quello che è accaduto su alcuni provvedimenti, l'Unione ha fallito». È così? «Io credo che sbagli». Perché? «Perchè sia nel Protocollo sul welfare, sia nella Finanziaria, c'è un notevole numero di misure a sostegno di quelle fasce sociali ed elettorali che Bertinotti intende rappresentare». Ad esempio? «Le cito solo tre interventi: l'aumento delle pensioni più basse, l'abolizione dello scalone, il bonus per gli incapienti. Tutte risorse sottratte al risanamento e destinate alla spesa sociale. Sa cosa farei se fossi il leader di Rifondazione?» No, cosa? «Un manifesto con la faccia di Padoa Schioppa e sotto scriverei: abbiamo costretto il custode dell'ortodossia di Maastricht ad aprire i cordoni della borsa». Scusi ma se son tutte rose e fiori perché Bertinotti ha fatto questa uscita? «Io credo che il presidente segnali, con una certa onestà intellettuale, l'impossibilità della sinistra radicale di governare un Paese. In questo senso l'Unione ha fallito». Cioè? «Non è riuscita a nell'obiettivo che si era posta: provare a far convivere riformisti e radicali». E adesso? Ognuno per la sua strada? «Bertinotti fa un discorso lineare: stiamo male al governo e abbiamo bisogno di riforme che ci consentano, in futuro, di non starci più, di tornare all'opposizione. Vuole fissare le regole di un divorzio consensuale. Occhio, però, a non confondere la strategia con la tattica». Che fa, anche lei cita Lenin? «Bertinotti lo dice chiaramente: la strategia futura è quella di tornare all'opposizione, la tattica odierna è quella di impedire il ritorno di Berlusconi. In un certo senso il suo messaggio mira a placare la base di Rifondazione spiegando che in questo momento è necessario fare una politica di governo, in futuro tutto cambierà». Quindi non si tratta di una riedizione del '98? «Non è l'annuncio di una crisi di governo. Piuttosto si tratta di un'intimazione a Prodi affinché ricontratti alcuni punti programmatici e di un avvertimento a non farsi paladino di chi ostacola il dialogo sulle riforme e sulla legge elettorale. Dialogo che Bertinotti difende». E il Pd come risponde? «Dobbiamo lavorare ad un assetto istituzionale che consenta ai simili di stare con i simili garantendo la governabilità del sistema». Niente più alleanze con la sinistra radicale? «Io penso che nella prossima legislatura il Pd non starà con la sinistra radicale». Con chi starà? «Sono convinto, come D'Alema, che esista un'area di centro liberale e riformatrice che possa essere interlocutore se non alleata del Pd». Non tutti nella Cosa rossa, però, sembrano disponibili a tornare all'opposizione? «Il punto è che Bertinotti ha una strategia politica, gli altri non hanno un progetto. Tentano di sopravvivere con la loro identità annidati in una coalizione come, mi permetta di citare Togliatti, "pidocchi sulla criniera di un cavallo"».

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