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Welfare, il governo verso l'accordicchio

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[...]serrato con la sinistra radicale che vuol far passare gli emendamenti approvati in commissione Lavoro mentre i liberaldemocratici di Dini hanno minacciato di non votare il ddl se non si torna al testo originario. Ad aumentare il polverone anche la Confindustria che chiede il rispetto del Protocollo siglato con i sindacati. Sull'ipotesi di porre la fiducia si deciderà oggi, (lo ha detto il ministro Chiti) ma appare una strada obbligata per evitare ulteriori complicazioni e superare lo scoglio dei 200 emendamenti presentati in Aula. Per uscire dall'impasse il governo sarebbe orientato a proporre un terzo testo con delle piccole correzioni che si configura quindi come un compromesso. Il che consentirebbe di fornire a tutti una via d'uscita dalle polemiche. Il problema politico più rilevante riguarda i contratti a termine: nell'accordo del 23 luglio, si prevedeva una sola proroga dopo 36 mesi di durata. In Commissione, è stato invece introdotto un tetto di 8 mesi per la proroga ed è stato deciso che i 36 mesi di durata si calcolano indipendentemente dalle interruzioni. Su questo punto Confindustria ha dato battaglia. Gli altri ritocchi decisi in Commissione sono relativi ai lavori usuranti (è stato cancellato il riferimento delle 80 notti) e al lavoro a chiamata (deroga per alcuni settori come il turismo e la ristorazione). Di certo bisogna fare in fretta. Perchè porre la questione di fiducia vuol dire sospendere i lavori parlamentari per 24 ore e a quel punto si può prefigurare che l'opposizione cercherà di rallentare il percorso del ddl con il fuoco di sbarramento degli ordini del giorno. Le norme sul welfare devono poi passare a Palazzo Madama per far posto in aula, dalla prossima settimana, alla Finanziaria. Questa deve tornare al Senato prima di Natale. Del resto il ddl sul welfare va approvato definitivamente entro la fine di dicembre. Altrimenti il fatidico scalone della riforma Maroni andrà a regime dal 1° gennaio. Ieri Prodi si è di nuovo visto con il presidente della Confindustria Montezemolo. L'occasione è stata la presentazione a Parigi della candidatura di Milano per l'Expo del 2015. «Non abbiamo parlato di Welfare. Quello che avevamo da dire, l'abbiamo già detto» ha detto Montezemolo alla stampa che lo assediava ma è difficile pensare che non ci sia stato sul tema un ennesimo scambio di vedute. Veltroni alla riunione dell'esecutivo del Pd avrebbe detto, secondo alcuni presenti all'incontro che la fiducia va messa sul Protocollo. Visto che il sì di Montecitorio è scontato, già si guarda a ciò che sul welfare accadrà al Senato. Così si spiega il pressing di governo e maggioranza sui diniani che sembrano irremovibili. Tanto più che ieri è stato formalizzato il divorzio di Dini dal Pd. L'ex premier ha avuto un colloquio con Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, convinta - ha detto dopo l'incontro - che si possa trovare «la quadra». Il diniano Natale D'Amico invece è stato ricevuto a Palazzo Chigi dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta. La sinistra radicale su molti punti ha fatto già marcia indietro. Per esempio sui lavori usuranti. Giordano, segretario di Rifondazione, ha detto che «dovrà essere il governo a sciogliere il nodo usuranti». Per Giordano potrebbe bastare, per sbloccare l'impasse, l'impegno ad avviare un confronto fra le parti sociali.

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