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Gli agenti: «Era nella baracca, con il sangue di lei sul viso»

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Ecco come martedì sera due agenti del commissiarato Ponte Milvio hanno trovato Giovanna Reggiani, 47 anni, stuprata e seviziata da un romeno di 24 anni, trovato anche lui col volto ancora sporco degli schizzi di sangue della vittima, con la spalla segnata dai graffi di lei, mentre cercava di difendersi disperatamente. Loro sono sottufficiali della Polizia: Roberto Fornaiolo, 47 anni, e Antonio Selli, di 33, il primo assistente capo e il secondo vicesovrintendente. Ieri mattina, in una sala al primo piano della Questura, il capo della Squadra Mobile, Vittorio Rizzi, e dell'ufficio stampa, Vittorugo Caggiano, li hanno presentati ai giornalisti come i primi testimoni dell'orrore. Esordisce il più anziano, l'assistente capo, in polizia da 26 anni. «Erano circa le 21. Alla sala operativa del 113 arriva la chiamata di un autista dell'Atac fermato da una donna, una romena, che grida e fa cenno della presenza di una donna in un dirupo in via Camposampiero». La segnalazione viene sentita via radio dall'autoradio del commissariato Ponte Milvio, con a bordo l'assistente capo Roberto Fornaiolo, a poca distanza dal posto. «Arrivo - continua il poliziotto - la romena piange, urla il nome "Mailat, Mailat" e mima il gesto di una persona che porta in spalla un corpo e lo getta nel dirupo. Vado giù - prosegue - e vedo la poveretta, bagnata dalla pioggia, sporca di fango. Ansima, ha il respiro affannoso, quasi un rantolo. È siminuda, coi pantaloni abbassati, senza mutandine indosso, e il maglione nero tirato su, sopra il petto. La copro con un telo e avviso commissariato e ambulanza». In ufficio sente tutto il sottufficiale di turno, il vicesovrintendente Antonio Selli. Sale in auto e va sul posto. «Lei aveva il volto gonfio, insanguinato - ricorda - era irriconoscibile. La donna romena continuava a urlare il nome di Mailat, a piangere. Non parlava italiano ma si faceva capire. Non è stato difficile intendere che Mailat era il nome della persona che secondo lei aveva gettato la donna nel dirupo». Il campo nomadi è a due passi. La polizia carica in macchina la romena che ha dato l'allarme e va lì. Gli agenti in tutto sono sette. «Con le torce cominciamo a girare tra le baracche - riprendono il racconto i due - Arriviamo a quella di Mailat, entriamo e troviamo lui, Romulus Nicolae Mailat. Non se l'aspettava di essere scoperto in così poco tempo, era sorpreso di vederci. Ha ancora sul volto gli schizzi di sangue della poveretta, i capelli scarmigliati e sulle spalle i graffi che lei gli ha lasciato sulla pelle nel tentativo disperato di difendersi dalla violenza. Sulla branda c'è la borsa della donna, con documenti, portafogli e cellulare». Tra i connazionali di Mailat gli animi cominciano a scaldarsi. Gridano, gli agenti sono accerchiati da una trentina di nomadi, tra uomini e donne. Cominciano a verdesela brutta. Stringono le manette ai polsi di Mainat, braccia dietro la schiena, lo caricano in macchina e schizzano in Questura. Portano via anche la testimone romena. Dall'altra sera è sotto protezione.

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