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Nella Margherita

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Rutelli e gli ex Ppi cercano un'intesa sui congressi

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Ieri dopo una serie di telefonate tra il presidente del partito Francesco Rutelli, i leader dell'area popolare (Giuseppe Fioroni, Dario Franceschini, Enrico Letta) e il coordinatore Antonello Soro, è emersa la possibilità che le assise regionali, o almeno la maggioranza di esse, possano tenersi in modo unitario. Dopo le prove muscolari degli ex Ppi nei giorni scorsi (su 92 congressi provinciali ben 81 sono andati a loro, e solo 8 ai rutelliani) e le implicite minacce di uscita dal partito fatta da Rutelli, ieri per la prima volta i protagonisti si sono sentiti direttamente. Da parte dei popolari si è cercato di rassicurare Rutelli che non si vuole utilizzare la forza dei numeri come una clava: in altre parole, nessuna intenzione di commissariare il leader. Non si è parlato dei dettagli della soluzione del congresso, se non la richiesta dei popolari di una maggior collegialità nella gestione. Rutelli, è stata la richiesta, non deve essere «un capo corrente», ma il garante dell'equilibrio del partito. Evitando tra l'altro di utilizzare i teodem contro i cattolici democratici. In questo clima più disteso si cominciano a intravedere soluzioni unitarie per i congressi regionali. Oltre al Piemonte, che andrà al rutelliano Roberto Susta, gradito ai popolari di Gianfranco Morgando, un'intesa è stata raggiunta anche in Toscana, sul nome della trentadueenne consigliere regionale Caterina Bini. I pontieri, Soro e Franceschini in testa, hanno avviato inoltre una mediazione per il Veneto. La terza regione che potrebbe andare a Rutelli è il Lazio, ma i popolari locali, guidati da Giorgio Pasetto, non hanno intenzione di fare un passo indietro. La candidatura del popolare Francesco Scalia è stata sostenuta dalle firme di 192 dei 373 delegati regionali, contro le 185 raccolte dal rutelliano Mario Di Carlo (i parisiani «si tengono fuori», spiega Luca Nitiffi). Nell'ipotesi che si dovesse arrivare alla conta, Rutelli ha già convocato tutti i parlamentari di altre regioni che hanno però la residenza a Roma, e che consente loro di votare al congresso laziale. Stratagemma che però verrà usato anche dalla controparte.

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