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E la sinistra sogna la grande riunificazione

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Ieri Oliviero Diliberto, segretario del Pdci, lo ha fatto capire chiaramente, spiegando perché il partito ha deciso di fissare la data del congresso al 27-29 aprile a Rimini. Cioè, ha detto il leader dei Comunisti Italiani, «dopo che i Ds, nel loro congresso, avranno presumibilmente deciso di varare il Partito Democratico». Il Pdci, a quel punto, proporrà «un'unificazione a sinistra» di tutte quelle forze che non si riconoscono nel Pd. E ai giornalisti che gli chiedevano se, a questo punto ci sono i presupposti per stringere un'alleanza con Rifondazione, Diliberto ha risposto tranquillo «sì credo proprio che ora i presupposti ci siano». «Per la prima volta Bertinotti ha fatto capire di essere disponibile ad un'alleanza — ha proseguito — e noi siamo pronti. Anzi, siamo pronti da ieri perché io proposi un'alleanza con loro sin dal 2004». Per quanto riguarda invece il nuovo soggetto politico proposto sempre ieri dal segretario dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio per riunire quelli che non sono «comunisti né democristiani» nell'Unione, Diliberto ha commentato: «Spero proprio che i Verdi vogliano entrare a far parte del nostro progetto di riaggregazione della sinistra». Ma a guardare con attenzione a quello che succede a sinistra c'è anche una parte dei Ds, la corrente «dissidente» che fa capo a Mussi, assolutamente contraria alla nascita del Partito Democratico. I Democratici di Sinistra in questo periodo stanno facendo svolgere i congressi delle sezioni che preparano la strada al congresso nazionale di aprile. E nelle sezioni si stanno confrontando le tre mozioni: quella di Fassino, che porta avanti il progetto del Pd, quella di Mussi, e quella di Angius, che propone non l'unione tra Ds e Margherita ma una federazione. La partita si gioca tutta sulle percentuali che le varie mozioni riusciranno ad ottenere. La speranza di Mussi e Angius è di arrivare almeno a sfiorare, insieme, il 30 per cento. In quel caso Fassino non potrebbe ignorare che quasi un terzo del partito è contrario al progetto e quindi dovrebbe «frenare». Se invece il segretario riuscirà a ottenere una cifra «bulgara» intorno all'80 per cento, sarà Mussi probabilmente a dover uscire dalla Quercia. Per il momento le prime cifre, ancora approssimative, non danno molte speranze al ministro dell'Università e della Ricerca: in Sardegna Fassino è al 91,2%, Mussi al 5,6%, Angius al 3,1%. In Sicilia si è votato solo in provincia di Enna e Fassino anche lì è oltre il 90%. In Abruzzo Fassino all'82%, Mussi al 4% e Angius al 14%. In Trentino Fassino all'82%, Mussi al 10%, Angius all'8%. In Piemonte Fassino al 77%, Mussi al 12%, Angius all'11%. In Basilicata Fassino all'84%, Mussi al 13% e Angius al 3%. In Liguria Fassino al 77%, Mussi al 21% e Angius al 2%. Insomma cifre ben al di sotto di quelle sperate da Mussi e Angius.

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