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di LUIGI FRASCA DOPO la falsa partenza, il primo stop.

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Intervistato da La Stampa il ministro per i Rapporti con il Parlamento ha prima fissato un calendario indicativo (la riforma va fatta non oltre l'ottobre del 2008), poi ha lanciato la sua «proposta indecente»: un comitato parlamentare ad hoc che si occupi anche della riforma della Costituzione e che sia presieduto da un leader della Cdl (nello specifico Gianfranco Fini). Un'idea che, però, ha raccolto solo bocciature. I più solerti a chiudere la porta in faccia a Chiti sono stati proprio i leader della Cdl. Anche perché, soprattutto in ambienti di Forza Italia, la proposta del ministro è stata letta come un tentativo di frammentare l'opposizione. Da Bari, dove si trovava per partecipare ad un convegno organizzato da Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini è stato perentorio: «Non ho ben capito questa proposta di riesumare un comitato. Non mi interessa chi lo dovrebbe presiedere e men che meno mi interessa, ammesso che sia vera, l'ipotesi di poterlo presiedere. Ci sono le commissioni Affari Costituzionali, c'è l'aula del Parlamento». Posizione in parte condivisa anche dal leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. «Ci sono troppe idee e non sempre chiare - ha commentato -. Bisogna che un pò tutti si chiariscano le idee. C'è troppa confusione». E se il coordinatore azzurro Sandro Bondi chiede maggiore serietà e attacca il Professore («come si fa a dialogare con uno che, dai microfoni di Radio24, ha dato addosso al leader dell'opposizione?»), la Lega non si sbilancia. «La proposta di Chiti? - commenta il capogruppo del Carroccio alla Camera Roberto Maroni - Ne parleremo lunedì in una riunione in via Bellerio con Umberto Bossi. Prima non voglio dire nulla». Ma è da sinistra che si alzano le critiche più dure alla proposta di Chiti. «Penso - dice il presidente della Camera Fausto Bertinotti - che il percorso con cui arrivare alla definizione di una legge elettorale largamente condivisa debbe essere un percorso parlamentare e possa essere realizzato dentro gli strumenti parlamentari ordinari, cioè le commissioni di Camera e Senato». Sulla stessa linea anche il segretario Ds Piero Fassino. «La proposta che noi avanziamo - fa sapere da Udine il leader della Quercia - intende usare gli strumenti parlamentari ordinari affinché il confronto sulla riforma della legge elettorale avvenga nelle commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato». «Non ha senso inventarsi sedi istituzionali apposite - aggiunge - che rischiano di complicare di più il percorso. Si rischia altrimenti di imboccare una strada che ci fa perdere tempo». E, visto che tutti, indirettamente, lo chiamano in causa, anche il presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera Luciano Violante dice la sua. «Mi sembra che Chiti ponga in alternativa il comitato o dare il ruolo di relatori agli esponenti dell'opposizione - spiega - mi sembra che la seconda sia più giusta ed è quella che già seguiamo in commissione. Per esempio ho dato il compito di relatore sulla legge elettorale a Bressa e a D'Alia, rispettivamente della maggioranza e dell'opposizione». Violante ricorda quindi il precedente del 1982. «I comitati del 1982 - spiega - erano presieduti da Riz e Bonifacio, componenti delle commissioni Affari costituzionali, ed erano stati incaricati di compiere una rassegna dei problemi e delle soluzioni. Dopo 24 anni credo che non ci sia bisogno di una nuova rassegna, i problemi li conosciamo già tutti. Nelle riforme la cosa più grave è ricominciare sempre da capo». «Mi sembra quindi più corretto - conclude l'esponente diessino - affidare ad esponenti dell'opposizione un ruolo da relatore sulla riforma elettorale, su quelle costituzionali ed anche sulle riforme ordinarie che non attengano alle scelte di governo, come è già avvenuto per la legge sullo scioglimento dei comuni per mafia. Questo rientra nella democrazia parlamentare, le regole comuni vanno costruite insieme». In at

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