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D'Alema e Fassino: «Non siamo in crisi» Ma nel partito si accentuano le spaccature

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Certo, ci sono state le elezioni di aprile, oggi la Quercia è il principale partito della coalizione di governo, ma i problemi sembrano non essere cambiati. Oggi come un anno fa, i Ds sono «sotto assedio». E la colpa, manco a dirlo è di coloro che, secondo Fassino, accreditano «un'immagine falsa del partito, in crisi e allo sbando». Insomma, quello andato in onda davanti alla platea dei segretari di sezione Ds nella cornice del palazzo dei Congressi di Roma è un film già visto. Anche nel gennaio del 2006, davanti alla stessa platea (ma allora si era alla Fiera di Roma), Fassino e D'Alema furono costretti a rilanciare l'orgoglio del partito, a dimostrare che la Quercia era forte e compatta. Erano i giorni caldi dell'affaire Unipol e i due leader riuscirono a rompere l'assedio e a rilanciarsi in vista delle politiche. Certo, ad aprile il risultato non fu certo esaltante (17,5% esattamente come le europee del 1999), ma tanto bastò per andare al governo. Oggi come allora la Quercia attraversa un momento - per dirla con le parole di Massimo D'Alema - di «travaglio». La scelta di costruire il Partito Democratico assieme alla Margherita ha creato defezioni, spaccature e diversi malumori. Ad aprile si celebrerà il Congresso. E una scissione (la seconda dopo quella del 1991) sembra quasi inevitabile. Naturale quindi che il principale obiettivo della terza assemblea nazionale dei segretari di sezione fosse, anzitutto, quello di dare l'immagine di un partito unito. Anche perché il rischio concreto è che alle elezioni amministrative, la Quercia torni a perdere consensi. Sia Piero Fassino, sia Massimo D'Alema, per non dire di Fabio Mussi (candidato alla segreteria e principale oppositore del Pd), ce l'hanno messa tutta per offrire un'immagine unitaria. Si sono abbracciati (anche se Mussi ha commentato ironico che «anche i pugili prima di un match si stringono la mano»), si sono scambiati complimenti e citati a vicenda. Ma, alla fine, la sostanza non cambia. I Ds non saranno un «partito allo sbando», però non godono certo di ottima salute. Così in sala c'è anche chi, forse con un eccesso di pessimismo, ricorda la «gioiosa macchina da guerra» messa a punto da Achille Occhetto e che venne sconfitta da Silvio Berlusconi nelle elezioni del 1994. Basterebbe citare un dato per capire che non sono tutte rose e fiori come vorrebbe far credere il segretario Fassino. Nel 2006 la sintesi della giornata pubblicata sul sito «dsonline.it» parlava di «oltre 3.000 responsabili» riuniti nell'Auditorium della Fiera di Roma. Quest'anno, la stessa fonte parla di «almeno 2.000 persone presenti». E non sarà proprio un caso se, dei 26 interventi previsti (in gran parte giovani militanti) l'unico contrario al progetto del Partito Democratico sia stato quello di Fabio Mussi. Una «casualità» che ha offerto al leader della sinistra Ds la possibilità di un affondo: «Vi assicuro che ce ne sono tanti che sono contrari al Partito democratico. Adesso comincia il congresso in cui parlano tutti quelli che chiedono la parola». Per il resto ognuno dei presenti ha recitato la sua parte. Fabio Mussi, il primo ad intervenire, ha strappato applausi parlando di Pse, sinistra e socialismo, citando l'ottimo lavoro di Massimo D'Alema al ministero degli Esteri, criticando Berlusconi e dedicando alla polemica sul Pd solo una parte marginale del suo intervento. Massimo D'Alema, applauditissimo, si è confermato come il vero leader del partito, anche se ha cercato in tutti i modi di non rubare la scena a Fassino (di cui ha citato la qualità del lavoro svolto in questi anni). Anche lui, però, come il segretario ha rinviato al mittente l'immagine di un partito in crisi: «Vedo qui con piacevole sorpresa una nuova classe dirigente e tanta passione politica. È il segno di un partito che non è né intimorito, né ripiegato, né separato dalla società civile». Fassino, dal canto suo, è tornato ad assicurare che al prossimo congresso i Ds non si scioglieranno e

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