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di LUIGI FRASCA NAPOLITANO ci riprova.

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Non molla, il presidente: «Mi auguro che si trovi il punto d'incontro: non sarà facile, però è bene mettersi attorno a un tavolo», dice il Capo dello Stato passeggiando a Bagnoli, quartiere di Napoli, per una passeggiata sul nuovo pontile. Il dialogo. Quel dialogo invocato dnel discorso di fine anno. E quel dialogo richiamato anche due giorni fa. Insiste sul dialogo proprio nel momento i leader dei due poli, Romano Prodi e Silvio Berlusconi, se le danno di santa ragione. Il presidente della Repubblica spiega: «So benissimo che ci vuole tempo e che il clima non cambia dalla sera all'indomani». Le divisioni mostrate dai Poli nelle ultime ore, non lo hanno sorpreso. «Non è che sto qui a verificare tutti i giorni che cosa si raccolga e che cosa non si raccolga. Giudico sul lungo termine», risponde. Quello del presidente della Repubblica, mette in chiaro «è un invito, un impegno che io credo sia nell'interesse generale». E proprio sul duello a distanza tra i due, premier ed ex premier, il Capo dello Stato evita di intervenire. Una diatriba scoppiata sull'andamento dei conti pubblici e sul risanamento. «Fatemi parlare solo di Napoli, dei conti pubblici parliamo un'altra volta. E poi sono materia di Padoa-Schioppa», chiosa Napolitano. Il presidente della Repubblica comunque finisce nel mirino della Lega: «Mi pare davvero sorprendente che il presidente della Repubblica solleciti una riforma della legge elettorale quando proprio lui è stato eletto sulla base dei rapporti numerici esitati dall'attuale legge elettorale, disconoscendo, quindi, e criticando l'esito conseguente a quelle elezioni Politiche e dunque anche la propria di elezione», spiega Roberto Calderoli, vice presidente del Senato e coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord. «Le leggi elettorali - prosegue l'esponente del Carroccio - sono degli strumenti e non possono esserci delle buone leggi elettorali quando è la struttura stessa dello Stato ad essere sbagliata, vista la presenza di un bicameralismo perfetto che è stato cancellato in tutto il mondo, e di un centralismo che porta a dare identiche risposte ai problemi ben diversi delle diverse aree del Paese, senza quindi riuscire a risolverli». «È il Federalismo - conclude Calderoli - la soluzione ai problemi del Paese, non le alchimie sulle leggi elettorali». Daniele Capezzone, presidente della commissione Attività produttive della Camera, approva invece le parole del presidente della Repubblica, rilanciando comunque lo strumento referendario: «È saggio e apprezzabile il monito del Quirinale sulla legge elettorale. E mi appare sempre più necessario il ricorso al referendum elettorale». «So bene che i quesiti non ci porterebbero nel migliore dei mondi possibili — prosegue — Ma alzi la mano chi ritiene che l'attuale Parlamento sarebbe in grado di determinare un punto più avanzato rispetto a quello a cui ci porterebbero i quesiti referendari. Per questo, credo che la carta referendaria vada giocata, e che sia molto opportuno sostenere questo tentativo con convinzione e determinazione». Sono invece unici dallo scetticismo il segretario della Dc Gianfranco Rotondi e Marina Sereni, vicepresidente del gruppo dell'Ulivo al Senato. Il primo spiega: «Non ci sono le condizioni per un accordo tra i Poli e nei Poli su qualsivoglia legge elettorale. Pertanto gli appelli di Napolitano sono destinati a cadere nel vuoto. Non è uno sgarbo al presidente, ma una semplice constatazione dei fatti. C'è spazio solo per piccole correzioni della legge attuale o per una sua evoluzione maggioritaria come è nello spirito del referendum». Per Marina Sereni «anche oggi Napolitano ci esorta a sederci intorno a un tavolo e a discutere, maggioranza e opposizione insieme, di una nuova legge elettorale. Il suo appello, però cade tra gli insulti e gli esponenti più vicini a Berlusconi non nascondono per nulla l'obiettivo di accondiscendere a un dialogo soltanto in presenza di nuovi convitati. Si rassegnino: il governo Prodi è saldo e la sua maggioranza lo sostiene. Continueremo a

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