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di GIOVANNI LOMBARDO LA VERA stangata arriva dai Comuni.

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Una mossa necessaria per evitare il collasso delle autonomie locali a cui sono stati tagliati i trasferimenti. C'è da scommetterci, quindi, che gli amministratori locali useranno tutte le armi a loro disposizione per far quadrare i bilanci. Tradotto: le famiglie si preparino a mettere mano al portafoglio. La prima misura a prendere forma definitiva è la tassa di soggiorno. Ieri alla alla Camera è stato presentato un emendamento alla Finanziaria approvato in Commissione bilancio che fissa in due euro al giorno per i comuni più piccoli, cinque euro per le città metropolitane, il limite massimo del prelievo sui turisti. Dal prossimo anno la tassa potrà essere introdotta dai sindaci per migliorare i servizi e valorizzare i centri storici. Subito sono scoppiate le polemiche. «La tassa di soggiorno, anche con eventuali diversificazioni e deroghe, rappresenta una gabella insopportabile per la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese italiane - ha dichiarato il presidente di Assoturismo-Confesercenti, Claudio Albonetti - Il turismo dovrebbe essere considerato una risorsa per il Paese e non soltanto un'arancia da spremere». Sulla stessa linea il presidente di Federalberghi-Confturismo, Bernabò Bocca. «Quanto approvato dalla commissione Bilancio della Camera dei deputati, in merito alla introduzione di una tassa di soggiorno, è un atto di puro autolesionismo per l'economia del Paese». Rincara la dose il presidente di Confindustria Assotravel (Associazione Nazionale Agenzie di Viaggio e Turismo), Andrea Giannetti. «Questo provvedimento conferma che la ripresa del mercato turistico in Italia resterà l'eterna incompiuta, che attraversa trasversalmente i governi che si sono succeduti dalla metà degli anni '80 ad oggi». Nella relazione tecnica si legge che la «tassa di soggiorno» servirà a finanziare «gli interventi di manutenzione urbana, al miglioramento dei servizi e alla valorizzazione dei centri storici». Potranno adottarla, però, solo i centri «esposti a una pressione turistica» particolarmente forte e soltanto per alcuni periodi dell'anno. I Comuni più piccoli potranno introdurla dopo una delibera della Conferenza delle Regioni, mentre le città metropolitane potranno farlo autonomanente. L'emendamento, che recepisce anche le richieste di alcuni esponenti dell'opposizione, prevede inoltre che il prelievo sia a carico «dei soggetti non residenti che fruiscono dei servizi resi alle imprese della filiera turistica». I Comuni che introdurranno la tassa potranno, però, anche definire un sistema di «eventuali riduzioni ed esenzioni» e «forme di convenzione con le imprese della filiera turistica». Critiche anche dall'Adusbef. «I 5 milioni di turisti stranieri - commenta l'associazione dei consumatori - che hanno abbandonato l'Italia negli ultimi anni per altri lidi più economici, saranno entusiasti di mettere in conto ulteriori 280 euro, oltre alle spese già previste, per una vacanza di 2 settimane sulle coste romagnole, per pagare 5 euro a notte di tassa turistica». Le città si dividono sulla norma (Capri dice no, Roma dice sì). Per il sindaco della Capitale, Walter Veltroni bisognava «trovare un equilibrio tra i problemi che riguardano la possibilità per tutte le città d'arte, le città turistiche di poter reggere il livello dei servizi nelle quantità giuste, e le esigenze di non penalizzare un settore strategico come quello del turismo. Mi pare che si sia lavorato per trovare un punto di equilibrio ed è un equilibrio positivo». Dopo la tassa di soggiorno, nei prossimi giorni saranno discusse anche le altre norme della Finanziaria che riguardano gli enti locali. Primo rischio è sull'Irpef dove la soglia massima dell'addizionale dovrebbe passare dallo 0,5 allo 0,8%. Minacce anche sul fronte della casa: i Comuni potranno finanziare in parte le opere pubbliche con una tassa di scopo (finanzierà infrastrutture urbane come strade, giardini, parcheggi) che graverà direttamente sull'Ici

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