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Amato torna a fare outing: «Soffro per quella misura»

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E ora nel centrosinistra è una corsa a prendere le distanze dal provvedimento sull'indulto approvato a luglio dal Parlamento e a sconfessare Clemente Mastella. Una polemica che piove nel bel mezzo di un momento difficilissimo per Prodi, impegnato a cercare di portare casa la Finanziaria e allo stesso tempo a tenere unita una maggioranza sempre più sfilacciata. Così l'Unione — dopo essersi accorta che grazie all'indulto erano state scarcerate il doppio delle persone previste (oltre 24 mila invece delle 12 mila ipotizzate) e che molti di quelli usciti dai penitenziari erano tornati a commettere reati poche ore o pochi giorni dopo (1236 sono già finiti nuovamente dietro le sbarre) — ha fatto precipitosamente marcia indietro. Il più pentito di tutti è il ministro dell'Interno Giuliano Amato il quale, dopo aver confessato in un'intervista a «Polizia Moderna», di aver «accettato soffrendo» il voto sull'indulto, ieri è tornato infatti nuovamente a fare il suo «atto di dolore» davanti alla commissione affari costituzionali del Senato: «Di fronte a una misura di questo tipo — ha spiegato ai senatori — se il ministro dell'Interno non soffre, è un cattivo ministro dell'Interno, non potete non capirlo». Un contrordine compagni al quale mercoledì non si è sottratto neppure Francesco Rutelli, intervenendo al programma di Enrico Mentana «Matrix»: «Ho votato l'indulto con disagio ma convintamente, perché bisognava farlo». Ma il primo a nutrire dubbi sul provvedimento fortemente voluto dal ministro della Giustizia era stato il segretario dei Ds Piero Fassino aprendo i lavori della direzione della Quercia il 21 ottobre. Parole pesanti come macigni: «I cittadini non apprezzano quei provvedimenti che appaiono espressione di un vecchio modo di governare. Così è stato per l'indulto, percepito come un provvedimento di sola emergenza, rischioso per la sicurezza dei cittadini». Evidentemente, però, la coerenza non alberga dalle parti dell'Unione. Perché basta andarsi a rileggere qualche dichiarazione di settembre per accorgersi come il centrosinistra abbia poche idee e abbastanza confuse. Il 5 settembre, infatti, il viceministro dell'Interno Marco Minniti spiegava sicuro che «i dati non ci segnalano picchi di criminalità». E ancora: «Sul terreno dell'allarme sociale il quadro che abbiamo non è di particolare preoccupazione». A dargli man forte, pochi giorni dopo, addirittura il ministro degli Esteri massimo D'Alema: «Il provvedimento sull'indulto è stato frutto di un compromesso ma valeva la pena di fare questo compromesso». Un mese dopo quelle dichiarazioni è esploso l'allarme criminalità a Napoli, con la richiesta addirittura di far intervenire l'esercito. E a chi, come Romano Prodi, ribatteva che quell'emergenza non era frutto del provvedimento voluto da Mastella ha risposto con durezza Antonio Di Pietro: «Spiace dover dissentire dal Presidente ma se la matematica non è un'opinione le persone che sono rientrate in carcere e che avevano goduto dell'indulto sono quasi mille. Per logica, se non fossero uscite, ci sarebbero mille reati in meno». Difficile però ora per il centrosinistra bloccare il meccanismo innescato. Alcuni senatori dell'Unione, tra cui la capogruppo dei Ds Anna Finocchiaro, hanno presentato un disegno di legge per un altro indulto. E il Csm ieri ha chiesto al Parlamento di votare subito un'amnistia per evitare un'inutile sforzo titanico ai giudici: l'80 per cento dei processi sarà portato a termine senza però che nessuno finisca in carcere. L'indulto, infatti, al contrario dell'amnistia non estingue il reato.

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