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Il leader della Cisl anticipa alcune proposte in vista del rinnovo del contratto degli statali

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L'invadenza delapolitica negli utlimi anni è stata talmente smaccata che ha inciso sull'eficienza della macchina statale». Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, dopo aver raggiunto l'accordo con il governo sui fondi e le modalità del nuovo contratto pensa già alla trattativa che si aprirà di qui a breve per definire gli aumenti da dare ai singoli comparti della pubblica amministrazione. È stato un duro braccio di ferro ma alla fine siete riuscita a spuntare più di quello che vi aspettavate, vero? «Devo dire che sono soddisfatto per l'accordo. Finalmente gli equivoci sono stati sgombrati. Non solo sono state messe a disposizione le risorse necessarie per rinnovare i contratti ma sono stati fissati tempi certi per l'esecutività. È importante e innovativa la soluzione che si è trovata di rendere fruibile l'accordo contrattuale dopo 55 giorni dalla firma». Ma non è già previsto che i dipendenti ricevano gli aumenti dopo 40 giorni dalla sigla del contratto? «Il termine dei 40 giorni è solo indicativo non tassativo. Ora invece viene stabilito che l'erogazione degli aumenti non può avvenire oltre 55 giorni dalla firma del contratto». Ma ce la farà la Corte dei Conti a verificare che gli aumenti sono compatibili con il bilancio statale? Non c'è il rischio che vengano erogati aumenti non sostenibili dalla situazione dei conti pubblici? «Non vedo dove può essere il problema. Se i soldi vengono stanziati vuol dire che c'è la copertura. E poi aver fissato un termine per l'erogazione degli aumenti può essere uno stimolo agli organi di controllo a essere più veloci nelle verifiche. Il passaggio alla Corte dei Conti non diventa superfluo ma sarà velocizzato». Il nuovo contratto conterrà degli elementi di novità? «La produttività sarà maggiormente stimolata. Il prubblico impiego deve diventare una struttura produttiva. I dipendenti pubblici sono stanchi sentirsi offesi di essere considerati come parassiti. Il nuovo contratto sarà un modo per sfidare questo luogo comune. Vogliamo un piano industriale per il pubblico impiego». Tanti governi si sono cimentati con la sfida della produttività nel pubblico impiego ma con scarsi risultati. Continuano a esserci sacche di inefficienza. Quale è la sua ricetta? «Bisogna mettere più salario come premio di produttività. E poi la politica deve uscire dalla pubblica amministrazione. Il modello da seguire è quello dell'Inps e dell'Inail che sono strutturati come aziende con un consiglio d'amministrazione e un consiglio di sorveglianza. Devono prevalere le strategie manageriali». Il che significa anche licenziare chi non è produttivo? «Basta con questo ritornello della licenziabilità degli statali. I dipendenti pubblici possono essere licenziati, lo prevede la legge. Piuttosto io licenzierei quei sindaci e quei ministri che mettono le mani sull'amministrazione per cercare consensi e voti. La macchina statale negli ultimi anni è tornata a essere un serbatoio di voti. È ora di finirla». Come tenere fuori la politica dall'amministrazione? «Bisogna innalzare gli standard di qualità dei manager, solo così si tiene lontana la politica».

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