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«Logica punitiva, il digitale ora non ha mercato»

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Il vero nodo della nuova normativa esposta dal Ministro Gentiloni riguarda proprio l'approvvigionamento delle risorse. A farne le spese Rai ma soprattutto Mediaset, costrette a rinunciare a una rete ciascuno sull'analogico in appena 15 mesi dall'eventuale approvazione del ddl che modificherà radicalmente l'attuale legge Gasparri. Una impostazione che non convince Fabrizio Perretti, docente di economia dei media all'Università Bocconi di Milano, tra i massimi esperti in Italia di questo settore. Raggiunto a Boston, dove resterà al Mit per almeno un anno con corsi previsti anche all'Università di Harvard, commenta con poco entusiasmo la decisione del governo. Professore, è soddisfatto di quanto previsto dalla normativa? «L'obiettivo è quello di smantellare la posizione dominante. Ma mandare due reti sul digitale terrestre al momento è come spedirle nel vuoto». In che senso? «Il digitale terrestre è appena partito e non ha una grande penetrazione. Prima si dovrebbero creare le condizioni per un nuovo mercato e poi procedere con l'eventuale spostamento dei canali». La convince un intervento dello Stato in un settore dell'economia? «Certo che no. Però negli Stati Uniti l'Antitrust interviene quando ci sono concentrazioni eccessive. Meglio arricchire l'esistente per poi fissare una tempistica quando il mercato diventerà accessibile». La normativa prevede 15 mesi dall'approvazione. «Pochi. Troppo pochi. Vedo una logica punitiva in questa decisione. Non si ha ben chiaro il punto di arrivo». Quale soluzione si potrebbe prospettare? «Lasciano perplesse alcune comunicazioni. Preferisco uno Stato che con gli strumenti a disposizione interviene con risorse aggiuntive. Si dovrebbero aprire nuovi mercati invece di stravorgerne uno». Quindi? «Meglio garantire una copertura del digitale terrestre del 70-80 per cento delle famiglie italiane. Poi una legge per fissare regole eque». La riforma prevede anche un rivoluzionamento dell'Auditel. «Bene. Si garantisce maggiore trasparenza. Occorre un tavolo con i soggetti interessati, magari anche con la comunità scientifica. I mezzi ci sono.» Quali ripercussioni ci saranno ora per il mercato media? «Vorrei più spazio per tutti. In questa caso invece si assiste a una riduzione. Il satellite con Murdoch ha allargato il mercato e così il digitale terrestre amplierà l'offerta. Ma è un processo che richiederà anni». Si assisterà a un accelerazione sul digitale? «Sul digitale terrestre l'Italia si è mossa per prima anche rispetto ad altri Paesi europei. Poi si è assistito a una marcia indietro. Mancano ancora da definire diversi aspetti per far decollare questa piattaforma. La tempistica della normativa non mi convince» Ora si stabiliscono posizioni dominanti per i soggetti che superano la soglia del 45% delle risorse. «Non è tanto un problema di percentuali. Ribadisco: occorreva porre le condizioni per creare un nuovo mercato che attualmente non c'è, poi procedere alla migrazione dei canali. Così se si vuole realmente aprire un nuovo mercato e non punire chi opera in quello esistente».

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