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Mercoledì il dg Cappon presenta in Cda

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le sue proposte sui vertici dell'azienda

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Il direttore generale dell'azienda televisiva pubblica, infatti, avrebbe avuto mandato dalla maggioranza di proporre per il momento sostituzioni di poltrone al Tg1 diretto da Clemente Mimum, a RaiUno nella persona di Fabrizio Del Noce, alle Risorse Umane (l'ufficio personale, di cui è responsabile Ginfranco Comanducci) e alle Relazioni Esterne (Guido Paglia). Nel suo primo colloquio con i diretti interessati, però, Claudio Cappon avrebbe ricevuto un gentile ma netto rifiuto ad abbandonare la carica, che ha condotto ad ottimi risultati sul mercato per la tv di Stato. E anche perché le ipotesi di ricollocazione studiate dal «diggì» non sarebbero soddisfacenti per i diretti interessati. Cappon, inoltre, si potrebbe trovare nella condizione di andare in Consiglio e vedersi «bocciate» le sue proposte da un Cda che è a maggioranza di centrodestra (5 contro 4). E, a questo punto, secondo logica, avrebbe due possibilità. La prima è tentare di dimostrare che la Rai è «ingovernabile» e quindi rivolgersi all'azionista di riferimento (il Tesoro o lo stesso palazzo Chigi) per ottenere la rimozione in blocco del Cda e la creazione di un nuovo consiglio a maggioranza di centrosinistra. La seconda è giocare al rialzo e proporre cinque per ottenere tre. Tuttavia, per un «Raibaltone» in piena regola targato Ulivo e da fare in tempi brevissimi l'Unione non ha che la strada legislativa: riscrivere l'articolo 20 della legge 112. Il ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, potrebbe anticipare per decreto una delle modifiche alla Gasparri allo studio. E in particolare gli basterebbe cambiare il criterio di nomina del Consiglio d'amministrazione della Rai per riconquistare lo scettro del Servizio pubblico. Ma anche qui la strada è tutta in salita: i Ds non hanno la «necessità» e «l'urgenza» - requisiti richiesti per il ricorso al decreto legge - di perdere la presidenza della Rai a spese di Forza Italia. Intanto, mentre l'Unione s'interroga su come «dimissionare» il consigliere Angelo Maria Petroni dal cda Rai - mossa necessaria a riconquistare la maggioranza in consiglio in vista delle nomine autunnali - proprio ieri i consulti legali del professor Petroni si sono conclusi. Gli avvocati (esterni) da lui interpellati gli avrebbero ripetuto che può rimanere tranquillamente al settimo piano in qualità di consigliere d'amministrazione della Rai fino alla scadenza del mandato prevista per l'estate del 2008. Potrebbe essere revocato dall'azionista Tesoro che lo ha indicato, infatti, «solo per giusta causa». E il suo feeling con l'«azzurro» Giulio Tremonti è un po' debole come argomentazione, soprattutto per quel tribunale amministrativo al quale il consigliere, munito di dossier sui suoi «nemici», si rivolgerebbe immediatamente procurando qualche grattacapo - e qualche «danno» economico - alla Rai. Il ministro dell'Economia Padoa-Schioppa, dunque, non ha chance e lo sa: stando alla Legge 112 e al codice civile questo cda rimarrà tale per altri due anni. Anni in cui la maggioranza sarà in mano alla Cdl e in cui il Tesoro non potrà neanche costringere Petroni a cambiare casacca in consiglio, obbligandolo a seguire le indicazioni. Non solo. Al vertice di maggioranza sulla finanziaria in programma per lunedì a Palazzo Chigi il Professore troverà anche la patata bollente delle nomine Rai. E questa volta si mettono di traverso non solo le formazioni più radicali, ma anche i moderati come l'Udeur: «Non vorremmo, dopo che per cinque anni il centrosinistra sulla Rai, e non solo su questo, ha giustamente l dl, che l'Unione si comportasse allo stesso modo», si legge in una nota dei Popolari-Udeur.

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