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Nassiriya, fermati gli attentatori

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Il comando del contingente italiano ieri sera ha fatto sapere che alcuni soggetti sono in stato di fermo a Nassiriya perché sospettati di essere collegati all'attentato di giovedì della scorsa settimana, nel quale hanno perso la vita i tre militari italiani, il capitano dell'esercito Nicola Ciardelli, i marescialli dei carabinieri, Carlo De Trizio e Franco Lattanzio, e il caporale romeno Bogdan Hancu. I fermi sono arrivati dopo decine e decine di interrogatori che in questi giorni hanno coinvolto elementi delle forze di sicurezza locali, sospettati di complicità con gli autori dell'attentato, nonchè civili della zona. L'inchiesta interna è stata aperta dalla polizia di Nassiriya perché la zona in cui è stato piazzato l'ordigno si trova a poche centinaia di metri dal Pjoc, la Sala operativa delle forze di sicurezza irachene. Si trattava, dunque, di un'area ben presidiata dalla polizia locale. Si è così focalizzata l'attenzione su eventuali complici inseriti in quest'ultima istituzione. Gli interrogatori, dei cui risultati gli investigatori italiani sono stati costantemente tenuti al corrente, hanno quindi consentito di stringere il cerchio su alcuni soggetti sospettati di aver «chiuso un occhio» oppure aver materialmente aiutato i responsabili della strage. «Più di un soggetto è in stato di fermo - ha spiegato il generale Natalino Madeddu, comandante del nostro contingente in Iraq - Al momento gli investigatori locali interrogano i sospetti ed effettuano le verifiche e i riscontri del caso. La polizia - ha proseguito l'alto ufficiale - tiene costantemente aggiornate le autorità italiane e lavora in stretta collaborazione con i nostri investigatori. Questi ultimi, in base ai dati tecnici sulla modalità e i tempi dell'attentato, hanno formulato alcune ipotesi e stanno lavorando su quelle». Intanto le attività dei nostri soldati, non si fermano come non si sono bloccate neppure il giorno dell'attacco. «La mattina del 27 avevamo del personale fuori per diverse attività, che al momento dell'attentato era già arrivato sul posto - ha detto Madeddu - Abbiamo verificato che le condizioni di sicurezza lo permettevano e abbiamo deciso di far proseguire il lavoro. Al termine, i nostri soldati sono rientrati alla base». Inoltre «proseguiamo con le attività per onorare sul terreno i nostri caduti. Non abbiamo interrotto il lavoro, sia per rispetto a chi ha sacrificato la vita, sia perchè le aspettative della popolazione e delle autorità locali sono pressanti - ha affermato il generale Madeddu - Per esempio ieri abbiamo avuto un incontro con il governatore della provincia del Dhi Qar e poco fa con il presidente del consiglio provinciale. Personalmente ritengo doveroso, sempre con le precauzioni necessarie, continuare il lavoro». A questo proposito, tra le varie attività della ricostruzione, sono da segnalare la nascita e il coordinamento del centro emergenze Pjoc e l'aggiornamento del nostro ospedale da campo. Per quanto riguarda il primo, «da lì verrà gestita la sicurezza di tutta la provincia, sia a livello generale, sia specifico - ha detto il comandante dei nostri militari in Iraq - Per quanto riguarda l'ospedale da campo, invece, lo stiamo riposizionando. Non sarà più solo sotto una tenda, ma a breve traslocherà in prefabbricati. L'idea è quella di rimodularlo per aumentare la capacità di intervento per la popolazione». La situazione sul fronte della sicurezza nella provincia si è comunque inasprita. Nei giorni successivi all'attentato c'è stato un aumento dei warning, cioè degli allarmi. «La cruda statistica di questo territorio ci aveva in parte escluso dagli ordigni improvvisati (Ied), ma a nord e anche Bassora è una pratica purtroppo comune - ha concluso Madeddu - Nei giorni scorsi abbiamo rinvenuto altri ordigni, alcuni esplosi, altri disinnescati. Questo grazie alla particolare attenzione, come ho chiesto espressamente al governatore, da parte della polizia e dell'esercito iracheno. Comunque noi operiamo nella massima sicurezza pos

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