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Ciampi: «Farò il senatore a vita». Anzi no

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Lo ha annunciato in modo scarno Eugenio Scalfari, con un lapidario inciso nel suo editoriale pasquale, precisando che il capo dello Stato lo avrebbe deciso «irrevocabilmente»: insomma, non sarebbe disposto a sentir ragioni. L'annuncio non ha suscitato reazioni al Quirinale. Invece ieri mattina, dopo che il Corriere della Sera ha dato la stessa notizia, con ampi virgolettati, un grosso titolo in prima pagina («Ciampi, farò il senatore a vita») e una pagina di «colloquio informale», il presidente si è risentito e ha reagito con un gelido comunicato ufficiale. La nota definisce l'ampio resoconto del quotidiano milanese frutto di una «libera ricostruzione di un incontro privato tenutosi il 3 aprile scorso al Quirinale con l'autore e l'editore di un saggio sulla presidenza della Repubblica». Secondo i canoni comunicativi a cui ci ha abituato il Quirinale in questi sette anni è una netta presa di distanze. Perché? Sembra che ieri mattina, aprendo il giornale, Ciampi abbia fatto un balzo sulla sedia e si sia messo subito in contatto col segretario generale Gaetano Gifuni, egualmente sorpreso. «Com'è possibile?», si sono detti. Per molto meno, i giornali concordano testo e data di pubblicazione delle dichiarazioni del presidente. In questi anni il Colle è stato attentissimo a dosare, calibrare e scandire temporalmente le comunicazione di Ciampi, e quanti non hanno accettato la regola si sono beccati precisazioni e smentite. Oggi, a quel che è dato capire, ha infastidito veder trascritto un colloquio privato. Ma più di tutto ha allarmato il rilievo politico inevitabile della notizia: quasi che il ritroso e schivo Ciampi avesse voluto sbandierare la sua nobiltà d'animo contrapponendosi a non si sa chi. Brutta cosa nel delicato quadro politico delineato dal quasi-pareggio elettorale, che Ciampi è tenuto ad «arbitrare» finché non sarà eletto il suo successore. Brutta cosa all'esordio di una campagna per la successione al Quirinale che si annuncia piuttosto delicata, con Ciampi che al di là di tutto, persino del suo orientamento personale, resta il candidato numero uno di quanti - e sono tanti - vorrebbero riempire la casella Quirinale con un nome super partes sicuro in quanto sperimentato e già eletto una volta con il concorso dei due schieramenti. Se così stanno le cose, è evidente che chiunque voglia costruire una convergenza su qualsivoglia candidatura alternativa deve prima archiviare l'ipotesi Ciampi. Da qui l'ansia e l'attesa per un chiaro, esplicito pronunciamento dell'interessato che - stando alla nota del Quirinale - finora non c'è stato. I sostenitori del Settennato-bis, intanto, non demordono. Primo fra tutti Romano Prodi, che ha detto: «Vedremo nei prossimi giorni». Granfranco Rotondi (Dc) ha citato Aldo Moro per dire: «Al Quirinale non ci si candida, ma si viene candidati. Quindi Ciampi è in corsa come e più di prima». Valdo Spini (Ds) invita a «riflettere bene prima di fare a meno di Ciampi». Mario Landolfi (An) sollecita la formazione di «un fronte vasto, bipartisan».

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