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Mille «grandi elettori» sceglieranno il Presidente della Repubblica

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La seduta comune del Parlamento è convocata, visto che siamo a Camere sciolte, entro 15 giorni dalla prima riunione delle nuove Camere, ed è presieduta dal presidente della Camera, che ha al suo fianco il presidente del Senato (si tratta dei nuovi presidenti delle Camere che saranno eletti a partire dal 28 aprile, seduta inaugurale del Parlamento). Il primo atto della seduta comune è la lettura dell'elenco dei delegati regionali. L'Aula di Montecitorio, dove si svolgono le riunioni congiunte del Parlamento, viene opportunamente risistemata per consentire a tutti i «grandi elettori» di prendere posto. Quanti sono gli elettori. Quest'anno i grandi elettori saranno 1.010: 615 deputati, 322 senatori (315 più i 7 senatori a vita) e 58 delegati delle Regioni. I quorum. La Costituzione prevede che nelle prime tre votazioni la maggioranza richiesta per l'elezione sia quella dei due terzi dei componenti dell'Assemblea, pari a 674 voti. Dal quarto scrutinio il quorum si abbassa: per essere eletti basterà la maggioranza assoluta dei componenti dell'Assemblea, pari a 506 voti. Non c'è una prassi certa sulla cadenza delle votazioni; la seduta comune è considerata un'unica seduta anche se si sviluppa in più giorni. La votazione. Per consuetudine voteranno prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La «chiama» dei grandi elettori sarà ripetuta due volte. Ognuno, per assicurare la segretezza del voto, entrerà nelle cabine poste sotto il banco della presidenza e scriverà il nome del candidato che intende votare nella scheda che gli viene consegnata dal commesso e che è timbrata e firmata dal segretario generale di Montecitorio. Quindi, uscito dalla cabina, l'elettore depositerà la scheda, ripiegata in quattro, nell'urna di vimini e raso verde, ribattezzata «l'insalatiera», davanti alla quale c'è un segretario di presidenza. Lo spoglio. È fatto dal presidente della Camera, che legge in Aula i nomi dei candidati uno ad uno ad alta voce. Il conto delle schede viene tenuto dai funzionari della Camera e dai componenti dell'ufficio di presidenza di Montecitorio, che si assumono il compito di scrutatori. Nel 1992 Oscar Luigi Scalfaro era presidente della Camera e lesse le schede della votazione che lo portò al Quirinale; ma, poco prima che il quorum fosse raggiunto, lasciò il posto al vicepresidente della Camera, Stefano Rodotà, e aspettò il risultato definitivo nel suo ufficio. I risultati. Per ogni votazione vengono letti all'Assemblea al termine dello spoglio. Per essere messe a verbale, le preferenze ai candidati devono essere almeno due. Chi riceve un solo voto viene conteggiato genericamente tra i voti dispersi.

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