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Auguri a Prodi dalla Merkel Bush e Blair tacciono

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E, ieri, auguri anche da Angela Merkel. Romano Prodi ha incassato ieri da Berlino l'ennesimo riconoscimento del suo successo. Telefonate e messaggi che abitualmente, per prassi diplomatica, le cancellerie di tutto il mondo indirizzano al vincitore delle competizioni elettorali libere e democratiche. Ma che in Italia, dopo il rifiuto del premier Silvio Berlusconi di riconoscere la vittoria risicata del centrosinistra, assumono un contorno particolare. Perché, al di là dei messaggi arrivati a stretto giro di posta da Oltreoceano come quelli del presidente brasiliano Lula e dell'argentino Nestor Kirchner, con le felicitazioni della Merkel tutta l'Europa continentale si è «esposta», considerando il dato elettorale come acquisito. Non c'e da meravigliarsi, quindi, se in questo clima i complimenti che arrivano al Professore vengano accolti dall'entourage prodiano con sollievo, quasi come il «gong» dell'era Berlusconi a Palazzo Chigi. E non è difficile, unendo i puntini delle capitali che hanno subito riconosciuto la vittoria dell'Unione, scorgere il profilo di quella che Rumsfeld liquidò come la «vecchia Europa»: quella, insomma, che si oppose alla guerra anglo-americana per rovesciare Saddam in Iraq. E non è un caso se proprio gli Stati Uniti «dell'amico George» e l'Inghilterra del pur laburista Tony Blair, i due «alfieri» della guerra in Iraq con cui Berlusconi aveva stretto i rapporti più solidi in politica estera, temporeggiano. Quasi come ultimo favore ad un alleato che in cinque anni si è messo di traverso all'asse franco-tedesco sposando posizioni filo-atlantiche care tanto a Washington quanto a Londra.

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