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In Rai avanza Beretta, il dg del pareggio

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La rimonta di Berlusconi ha rimescolato le nomine. E il direttore generale di Confindustria piace a tutti

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La vigilia del voto, e soprattutto l'annunciata rimonta del Cavaliere, turbano i sonni degli inquilini dei piani più alti. Le squadre costruite a tavolino negli ultimi mesi, nei corridoi e nelle cene clandestine, rischiano di rimanere per qualcuno solo un sogno. La vittoria del centrosinistra non è più netta come in passato, anzi prende sempre più corpo la possibilità di un bel pareggio. Probabilmente con la vittoria di misura per Prodi alla Camera e il successo risicato di Berlusconi al Senato. Questo scenario di ingovernabilità mette a dura prova le coronarie di chi ha puntato tutto su Prodi. Per contro sembrano ringalluzziti i berlusconiani. Che ora sperano nel successo del Cavaliere per rimettere tutto in gioco. Va detto che se Berlusconi dovesse vincere le elezioni non perderà occasione per mettere le briglie al cavallo di viale Mazzini fin dall'inizio della nuova legislatura. E diverse teste, attualmente incoronate, finirebbero per essere tagliate. Il primo nome è quello di Meocci, attuale direttore generale, area Udc (per essere precisi Ccd). Del suo operato il premier non è rimasto affatto contento. La sua convergenza con Petruccioli non è stata digerita dal Cavaliere. Per contro in questa campagna elettorale Meocci è stato apprezzato dal centrosinistra per aver difeso a spada tratta la par condicio e impedito qualsiasi tipo di invasione da parte del Cav. Sta di fatto che Meocci non è più nelle simpatie di Berlusconi. Addirittura è in discussione perfino la sua candidatura a sindaco nelle future amministrative di Verona. In pole position per sostituirlo c'è Maurizio Beretta. La trama tessuta intorno a lui dalla diessina De Santis potrebbe portare alla sua nomina a direttore generale. Del resto Beretta è uomo che piace ai poteri forti. A Montezemolo, al Corriere della Sera e agli Agnelli. Inoltre può vantare buone credenziali anche con esponenti del centrodestra. È amico di Landolfi, è in ottimi rapporti con Casini. È un cattolico di sinistra che frequenta i salotti buoni, sa farsi apprezzare molto come mediatore. E in Rai non è cosa da poco. Ma se la sua candidatura verrà portata avanti da Prodi in persona può scatenarsi l'effetto boomerang. Ds, Rifondaroli e una parte della Margherita potrebbero sollevare molte obiezioni. Sembra invece tramontata la possibile scalata di Minoli. Sul quale esiste un veto dei diessini grosso come una casa. Certe «amicizie» del passato non sono state dimenticate. Minoli è visto bene dai produttori interni all'azienda, che con lui potrebbero tornare a lavorare un po' di più, dopo l'astinenza seguita alla «cura» Cattaneo che ha firmato contratti milionari con produttori esterni. Tra gli interni il nome che potrebbe spuntare è quello di Giancarlo Leone, figlio dell'ex presidente della Repubblica, manager di lungo corso, marito di Diamara Parodi Delfino, cognata di Paolo Mieli. Da non trascurare la candidatura di Antonello Perricone, stimato da entrambe le coalizioni. Un'altra battaglia tutta da combattere sarà quella sulla nomina a direttore di RaiUno. In corsa troviamo Giorgio Gori sponsorizzato da Simona Ventura e da Meocci. È lui il favorito, anche se dovrà rinunciare alla sua società che gli frutta molti più soldi di quanti ne prenderebbe alla Rai. Un suo potenziale avversario potrebbe essere Paolo Ruffini, direttore di RaiTre e scopritore di Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò, ed ex direttore di RadioUno. Sotto la sua direzione sono nate trasmissioni di successo come Il Baco del Millennio e Baobab. Ruffini può vantare gli ottimi ascolti di RaiTre che lo pongono addirittura in lizza per la poltrona più ambita del Tg1. Più del prodiano Badaloni, talmente attivo nei corridoi da sembrare in campagna elettorale, e di Caprarica, che dopo la corrispondenza di Londra e dell'attuale Parigi mira alla direzione con la benedizione dei Ds. In corsa c'è anche De Bortoli. Ma Ruffini potrebbe bruciare tutti allo sprint. E Mimun? Col sorriso tra le labbra gira per la redazione sventolando il foglietto con i suoi 560 giorni di ferie e rip

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