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Quando Lucia diceva di essere imparziale

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Lo scorso gennaio aveva detto: «Sono pronta a garantire parità di trattamento nei confronti di tutti»

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D'altra parte, non ho parlato con il governo, non ho parlato con l'opposizione, non ho trattato con nessuno, e credo di essere stata scelta per questo. Mi auguro di essere giudicata per ciò che farò». Aprile 2003, Lucia Annunziata ha appena accettato di essere designata presidente della Rai e racconta alla Stampa e a Repubblica le linee guida del suo nuovo incarico. Altri tempi. Tutt'altra storia rispetto a quello che è andato in scena ieri negli studi della trasmissione «In mezz'ora». Certo, anche in quell'aprile di due anni fa, l'Annunziata non nascose le sue preferenze politiche. «Sono note e trasparenti» disse. D'altronde era stata scelta proprio come presidente di garanzia espressione dell'opposizione, ma lei aveva subito messo le cose in chiaro: fuori la politica da viale Mazzini. «Ho accettato di fare il presidente di garanzia perché penso che possa esistere un ruolo di costruzione in un clima di pacificazione» dirà il 30 aprile di quello stesso anno ospite di un convegno ad Assisi. E poi ancora. «Si chiede sempre che la politica faccia un passo indietro dalla Rai, ma io vorrei che la Rai facesse un passo indietro rispetto alla politica». E come dimenticare il richiamo ufficiale fatto ad Antonio Socci reo di aver impedito a Giovanna Melandri di rispondere ad una domanda (al punto che l'onorevole diessina abbandonò la trasmissione Excalibur)? «Penso che il suo atteggiamento - disse l'Annunziata - abbia abbandonato qualunque idea di conduzione, anche partigiana, per assumere i toni puri e semplici della militanza. Socci conosce perfettamente le regole giornalistiche per non sapere che la sua aggressiva conduzione non solo ha offeso l'onorevole Melandri, ma ha anche ferito la sensibilità di molte persone». Poi, si sa, le cose andarono come andarono. Scontri a non finire con il consiglio d'amministrazione. Un rapporto non certo idilliaco con il direttore generale Flavio Cattaneo, ma un pallino fisso: la difesa dell'autonomia della Rai e del suo pluralismo interno legata al suo ruolo di presidente di garanzia. Al punto che, quando nel 2004 arrivò la campagna elettorale per le europee, la presidentessa della Rai prese carta e penna e scrisse a Pera, Casini, Petruccioli e Cheli per sottolineare che «in Rai, sulla comunicazione politica, servono regole certe». Erano gli ultimi mesi di un'avventura. Da lì a pochi mesi l'Annunziata lasciò viale Mazzini per tornare a fare il suo lavoro. Ma mai e poi mai ammainò la bandiera dell'imparzialità. Al punto che, quando si dimise, lo fece in aperto contrasto «con l'occupazione dell'azienda» che stava per compiersi con le nuove nomine del Cda. Poi nell'ottobre del 2004, ecco lo sfogo. «Mi sento tradita dalle istituzioni di questo Paese, perché la presidente di garanzia mi era stata affidata dalle istituzioni tutte di questo Paese». In mezzo la scelta di tornare al giornalismo attivo. Prima a Sky («che ha dato prova di essere una novità interessante e equilibrata nel panorama del giornalismo italiano»). Poi nuovamente in Rai. E c'è chi oggi ricorda le parole pronunciate lo scorso gennaio in occasione dell'apertura dell'ultimo ciclo di «In mezz'ora»: «Sono pronta a garantire il massimo equilibrio nei toni e nel numero delle presenze. La par condicio non prevede la contestualità delle presenze, ma la parità di trattamento, richiede la "fairness" nei confronti di tutti gli ospiti».

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