Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Ds, la guerra sui nomi non è ancora finita

Esplora:
default_image

Per Fassino i giochi ormai sono chiusi. Ma la periferia insorge contro il «partito romano»

  • a
  • a
  • a

Ma alcune reazioni seguite al solenne annuncio del leader diessino e ad alcuni dei nomi da lui fatti, lasciano intuire che i giorni che mancano alla scadenza fissata dalla legge alla presentazione definitiva delle liste non saranno certo facili per via Nazionale. È quanto si evince per esempio dalla provvisoria conclusione della vicenda del cosiddetto «partito delle mogli», conclusasi con la candidatura al Senato di Anna Serafini e Annamaria Carloni, consorti rispettivamente dello stesso Fassino e del governatore della Campania Antonio Bassolino. Proprio da quest'ultima regione, infatti, sono giunti ieri gli attacchi più espliciti e diretti alle scelte del segretario: il senatore della sinistra interna Massimo Villone ha rimproverato alla Direzione una marcata impronta centralizzatrice nella scelta dei candidati. Ma al di là del conflitto campano il leit motiv di questa settimana sembra dunque destinato a essere il dissidio tra le federazioni locali e il partito «romano», accusato ancora di paracadutare i propri candidati. A «Radio anche noi» (trasmissione che va in onda sulle emittenti del gruppo Area) il segretario dei Ds ha difeso il suo operato e ha parlato di uno «sforzo per corrispondere a cinque criteri fondamentali». Il primo è un criterio territoriale: «Ogni provincia italiana abbia un eletto del centrosinistra». Il secondo è un criterio di competenza :«Ci siamo sforzati di indicare persone in possesso di competenze tali da potere assolvere bene alla funzione di parlamentari». Il terzo è un criterio di «ricambio molto forte per portare energie nuove». Il quarto è un criterio di genere: «Abbiamo fatto uno sforzo particolare per riequilibrare la rappresentanza parlamentare tra uomini e donne». Il quinto criterio è quello di «garantire che il Parlamento sia fatto non solo di esponenti dei partiti, ma anche di molti esponenti della società civile». Fassino, in un'intervista, è tornato anche sulla vicenda Unipol: «Rifarei la chiamata a Consorte, come tutte le altre che partono o arrivano al mio cellulare. Le mie telefonate non hanno segreti e non sono nè sono state telefonate di cui vergognarmi».

Dai blog