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Allarme estremisti Prodi all'attacco

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Lo aveva fatto mercoledì sera, lo ha rifatto ieri all'ora di pranzo. Dopotutto questi sono giorni di grande fibrillazione. I bene informati giurano che si tratta di normali incontri tra i leader dell'Ulivo. Incontri necessari per definire le candidature e le strategie della prossima campagna elettorale. Ma, in questi giorni, c'è un altro tema, probabilmente più importante, finito sul tavolo della triade: l'escalation estremista esplosa in seno all'Unione. Al di là delle dichiarazioni di circostanza, infatti, i sondaggi elettorali resi noti in queste ore (anche il «sondaggio americano» commissionato dal premier) hanno messo un po' di agitazione nelle fila del centrosinistra che non ha nessuna intenzione di lasciarsi sfuggire una vittoria che, fino a qualche mese fa, tutti davano per scontata. «Non ho mai dato la vittoria per scontata ma la nostra posizione è ancora di solido vantaggio e quindi non ci sono preoccupazioni» aveva detto il Professore uscendo dal vertice di mercoledì. E ieri ha ribadito il concetto: «Sono tranquillo. La situazione è ancora a nostro favore». Ma, anche se negata, un po' di preoccupazione c'è e sono soprattutto le parole di Piero Fassino ad indicare qual è il problema principale. «Ogni partito - ha detto il segretario della Quercia ospite di Pieluigi Diaco a Era la Rai 21.15 su Canale Italia - è sovrano e indipendente nella candidature, però occorre che ciascuna forza politica chieda coerenza ai propri candidati rispetto al programma dell'Unione. È il caso Bertinotti-Ferrando». Eccoci al dunque. Anche se in via di risoluzione (oggi la segreteria del Prc dirà il suo no definitivo alla candidatura del dissidente trotzkista alle prossime elezioni) il caso Ferrando e la questione Tav hanno lanciato agli elettori un segnale contraddittorio. Un segnale che ha spinto il Professore a correre ai ripari. «Non possiamo permetterci una campagna elettorale estremista» avrebbe detto Prodi a Rutelli e Fassino. «Ma soprattutto - avrebbe aggiunto - non possiamo permetterci di mostrarci all'elettorato divisi». Insomma, come già accaduto nel caso Tav, il Professore ha tutte le intenzioni di alzare la voce con quegli alleati che, in questi giorni, sono usciti dai ranghi e per questo ha chiesto il sostegno dei suoi principali sostenitori. «Noi - spiega un deputato della Margherita - dobbiamo mostrarci all'elettorato per quello che siamo. I Ferrando, i Luxuria, i Caruso sono ai margini della coalizione. Il fulcro è l'Ulivo. È l'Ulivo che esprime la visione di governo che abbiamo». «Abbiamo respinto compatti l'offensiva dei Radicali sul programma - gli fa eco un collega diessino - non capisco perché dobbiamo cedere a questi estremismi fuori dal coro». Una visione che, però, non convince fino in fondo l'ala radicale dell'Unione a cui comincia a stare stretta questa direzione verticistica della coalizione. Soprattutto dopo che lo stesso Prodi aveva più volte lodato il metodo di lavoro, basato sul dialogo e sul confronto, che aveva portato l'Unione a prendere decisioni largamente condivise. Insomma se Prodi ha intenzione di fare il «dittatore» spalleggiato da Fassino e Rutelli, sappia che avrà pane per i suoi denti. Anche se il Professore, conscio di questo rischio, sta lentamente allargando il consenso attorno a sè. Ieri, ad esempio, Prodi ha incontrato a piazza Santi Apostoli due dei suoi principali oppositori di queste settimane: Luciana Sbarbati e Riccardo Illy. Alla Sbarbati e ai Republicani Europei il Professore (accompagnato guarda caso da Piero Fassino e Dario Franceschini) ha confermato che non c'è «Ulivo senza la rappresentanza laico-repubblicana». Col governatore del Friuli Venezia Giulia, invece, Prodi ha affrontato il nodo delle liste civiche che potrebbero risultare determinanti per il Senato, ma che non convincono fino in fondo il leader della Margherita Rutelli. Per il momento Illy avrebbe ottenuto il via libera per una sua lista civica in Friuli (oltre ad un'attenzione particolare per alc

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