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«Riprenderemo i nostri. Grazie alla tv»

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Il Cavaliere cambia strategia, punta tutto sugli indecisi. Niente confronti con gli elettori di sinistra

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Per Silvio Berlusconi ormai è diventato un chiodo fisso. Rivuole i suoi elettori. «Se riconquistiamo i nostri, è fatta», ragiona con i suoi. La campagna elettorale del Cavaliere, insomma, si rivolgerà solo a una metà del cielo, la sua. E la strategia si delinea in modo chiaro nella conferenza stampa di fine anno. Che Berlusconi spende tutta per dire che vincerà: «Non ci sono altre ipotesi», lo ripete per sei volte. E al giornalista che gli pone l'ennesima domanda sulla possibile sconfitta, il Cavaliere s'inalbera: «Ma lei dov'era fino ad ora? Non mi ha sentito? È un'ipotesi che non esiste». E perché non esiste? Perché, ragiona Berlusconi con i suoi (un ristrettissimo nucleo che segue da vicino la campagna elettorale) a Palazzo Grazioli nel pomeriggio, il calcolo è molto semplice: «Alle elezioni politiche 2001 hanno votato 38 milioni di italiani. Alle Regionali del 2005, solo 29. Ci sono 9 milioni che hanno disertato le urne, sono quasi tutti nostri. Dobbiamo convincerli a tornare a votare. Se andranno ai seggi, per noi è fatta, perché sceglieranno noi, non la sinistra». E brandelli di questo ragionamento, che frullano nella testa del Cavaliere già da diversi giorni, affiorano proprio nel tradizionale incontro con i giornalisti: «Il pareggio non è possibile: sono sicuro che saranno i moderati ad avere la fiducia degli italiani». Poi, utilizzando la metafora calcistica, afferma: «E siccome in Italia noi moderati giochiamo fuori casa perché la sinistra ha in mano molti gangli del Paese nella partita tra opposizione e moderati il simbolo da giocare sulla schedina è un 2». Ma più avanti insiste: «Ricordatevi che dal '46 ad oggi hanno sempre vinto i moderati. Anche nel '96, quando ha vinto la sinistra, in realtà i moderati presero più voti, 350mila in più della sinistra. Solo grazie a un sistema elettorale sbagliato, quello maggioritario, Prodi andò a Palazzo Chigi. Ma con la nuova legge non sarà più possibile». Ma come pensa Berlusconi di recuperare i suoi? Anzitutto deve ritrovare i mezzi di parlare con loro. Per questo vuole mano libera sulle tv togliendo il divieto di spot: «Ho detto più volte che avrei parlato con gli alleati di modifiche alla par condicio solo dopo che la riforma elettorale fosse diventata legge. Questo è avvenuto ieri con la firma del Capo dello Stato, quindi inizierò a parlarne al Consiglio dei ministri del 29 dicembre. Parlerò con i miei alleati di governo e li solleciterò a non sollevare egoismi e particolarismi e a pensare a dare ai cittadini la possibilità di essere informati adeguatamente». E quella data, il 29 dicembre, non è casuale. Perché proprio quel giorno il consiglio dei ministri si prepara a dare il via libera a Mario Draghi come Governatore della Banca d'Italia. E Draghi è il candidato di Casini e di Fini. Se ci darà il via libera al nuovo numero uno di Palazzo Koch è assai probabile che anche la legge sulle tv sarà rivista. E se Berlusconi potrà agire liberamente, il premier spenderà il mese di gennaio per far capire che cosa ha fatto il governo. Premette: «Capisco che gli italiani si aspettavano miglioramenti diretti della loro vita che francamente non si sono verificati». Ma il Cavaliere si giustifica citando l'euro, la situazione internazionale, l'undici settembre. Però spiega: «Il contratto con gli italiani è stato rispettato. Meglio di così — sospira — non si poteva fare. Purtroppo tutto il bene fatto è stato azzerato dal male venuto dalla situazione internazionale». Il primo test è già stato fatto a Porta a Porta in settimana. Ma il Cav tornerà anche a Batti e ribatti forse venerdì prossimo. E non a caso dice: «Servirebbe una tv per spiegare tutto quello che abbiamo fatto». Il messaggio che verrà sarà chiaro: andate a votare, altrimenti vinceranno gli estremisti, i comunisti, quelli che sono sempre stati dalla parte sbagliata della storia. Perché la sinistra italiana «ha prodotto 20mila scioperi, ha alimentato il pessimismo e il disfattismo». Insomma, «la sinistra è una palla al piede». Non solo. Ha ancora forti radici comunis

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