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LA polemica sull'aborto si è riaccesa, più violenta che mai, venerdì scorso.

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Il titolo era più chiaro che mai «La fabbrica degli aborti». Era riferito, in particolare, al viaggio di una coppia di giornalisti in due grandi ospedali romani. Il reportage mostrava la facilità con cui si riesce ad abortire oggi in Italia e manifestava la pressoché totale assenza di assistenza psicologica alle donne in preda all'atroce dilemma se ricorrere, o meno, all'interruzione volontaria di gravidanza. Quel lungo reportage e quella foto, più forte di mille articoli, hanno scatenato le reazioni del mondo della politica e dei lettori. Il primo a replicare a quella foto è stato Marco Taradash, col direttore Franco Bechis che invitò i lettori, dalle colonne del giornale, a non dimenticare mai quella foto di quel feto, un lui non ancora formato né nato, strappato a una vita tutta ancora da vivere. Ma la polemica attorno a quella foto era appena cominciata. In redazione sono continuate a piovere lettere su lettere. Messaggi di lettori, opinioni di uomini politici e illustri collaboratori di questa testata. Domenica 11, pubblicammo l'opinione di Silvio Viale, ginecologo dell'ospedale Sant'Anna di Torino, un paladino della sperimentazione della Ru486, la pillola abortiva, e delle legge 194. Il dottor Viale riprese il reportage dei due giornalisti de Il Tempo, asserendo che, in fin dei conti in Italia abortire non è facile come si dica, che il sistema di informazione e prevenzione funziona, che l'interruzione volontaria di gravidanza è un diritto della donna. Senza tuttavia parlare dell'abortito, di quella vita mai venuta alla luce. Le lettere, anche nei giorni successivi all'11 dicembre, sono continuate ad arrivare al giornale. Così, martedì scorso, abbiamo riproposto la foto dello scandalo con alcune delle missive pervenute. La seconda di Silvio Viale, che ci invitava a pubblicare la foto di un bambino down, ma anche le lettere di tanti lettori secondo i quali quella pubblicata da Il Tempo è «una foto di grande giornalismo». Nella stessa pagina, pubblicammo due interviste. Una a Franco Monaco, della Margherita, che, pur condividendo l'esigenza di richiamare l'attenzione sul tema dell'aborto, affermava di non condividere la scelta di utilizzare quell'immagine. L'altra a Gianni Mussini, vicepresidente del Movimento per la Vita, secondo il quale, pur ammettendo di esser rimasto schoccato da quella foto, quello nella foto «è un bambino». Opinioni diverse, tutte pubblicate nel rispetto del pluralismo, del confronto e della libertà d'opinione. Ieri, infine, l'intervento di Andra Pamparana, vicedirettore del Tg5 ed editorialista di questo giornale, che ha ribadito che quella pubblicata altro non era altro che la foto di un uomo, di un corpo formato. Tra le lettere pubblicate, anche quella di Fernando Santantonio, che riproverava di cavalcare il tema dell'aborto a fini elettorali.

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