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La piazza triste dell'Unione

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Ecco, una volta di cartelli così ne sarebbe stata piena la piazza di una grande manifestazione del centrosinistra. Ieri invece, a Piazza del Popolo, questo era uno dei pochi. La piazza è piena, baciata da un sole caldo che smentisce le previsioni più nere (sul tempo e sulla magra partecipazione). Ma è una piazza preoccupata, tesa, con poche facce nuove. È la piazza di Prodi, a una settimana al voto delle primarie, lui è l'unico a parlare dei sette candidati. Gli altri sono semplicemente comprimari. Ma il Professore si deve accontentare. La piazza è triste. Di gente ce n'è tanta, ma per lo più sembrano militanti vecchio stile. Del resto questa è una piazza molto politica. A partire dai temi della mobilitazione che non sono proprio quelli che accendono gli animi. Infatti se la legge elettorale rimane un tema da palazzo neppure la Finanziaria di Tremonti è da lacrime e sangue. Sicuramente è una piazza preoccupata. Si sente che negli ultimi giorni Berlusconi ha cominciato a riavvicinarsi. Qui tutti sanno che se la piazza è piena, in Parlamento è tutta un'altra storia. Il centrosinistra dovrà affrontare nei prossimi giorni tre battaglie dure: sulla Finanziaria, sulla legge elettorale, sulla devolution. È una piazza spiazziata: «Pure Follini ci ha abbandonato». E allora se chiedi a quelli che sono qui chi vincerà le prossime elezioni ti rispondono «Speriamo noi». Una settimana fa dicevano certi «Noi». La piazza è arrabiata. Mentre Prodi se la prende con Berlusconi che «rovina la nostra patria» e che diffonde «l'etica degli imbroglioni», tra la folla l'ex ministro Bersani cerca di rassicurare chi lo avvicina e gli chiede come andrà a finire la battaglia sulla legge elettorale. Bersani ammette «sarà dura non farla passare, e se pure non penalizzerà i risultati del centrosinistra potrebbe avere l'effetto di moltiplicare la litigiosità interna allo schieramento». La piazza è comunque composta. Non si stupisce né reagisce quando irrompe il piccolo corteo dei disobbedienti guidati dalla candidata Senzavolto (Simona Panzino) alle primarie, la contestazione dura un attimo. È una piazza triste, quasi stanca. Un tempo la creatività era una delle caratteristiche di queste manifestazioni. Oggi si vede e si sente poco o nulla. Giusto qualche slogan e qualche striscione dedicato ai vecchi nemici (Berlusconi e Fini) e al nuovo, il presidente della Camera Casini. Campeggia sotto il Pincio una grossa scritta: «Casini fai solo Berlusconi, Berlusconi fai solo Casini». Un altro cartello se la prende con «i veri sprechi sociali: Fini, Berlusconi, Casini». Nello spazio allestito con i post-it di Bertinotti in tanti fanno la fila per aggiungere il loro desiderio all'«Io voglio» (lo slogan della campagna del leader di Rifondazione alle primarie). Molti senza remore scrivono: «Vedere Berlusconi morto». È una piazza che non si infiamma, neppure con la colonna sonora. Certo le scelte musicali sono un po' bizzarre e datate e non ci sono neppure i classici canti della sinistra. Si comincia con Paolo Conte, poi Battisti, i Rockets e quando finisce l'accorato discorso di Prodi, parte prima l'Inno alla gioia e poi quello nazionale (che Prodi canta con la faccia seria accanto a Pecoraro Scanio che dà il tempo con il piede e Rutelli immobile forse solo perché ha appena subito un intervento alla spalla; Bertinotti con la faccia scura, rimane in silenzio). Il Professore scende dal palco, salutato con entusiasmo, al braccio di Fassino (forse il più contento del successo della manifestazione), sulle note di Piccola Katty. La folla un po' si ribella e tenta di sovrastare le parole dei Pooh cantando un classico «Bella ciao». Prodi ce l'ha messa tutta e gli applausi non gli sono mancati. Ha fatto un discorso da «politico adulto» e come tale va via a piedi, non scappa in macchina, vuole parlare con i suoi elettori. Attraversa con calma la piazza e impiega un'ora a

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