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Muscardini: «Non siamo nel '700, c'è chi vuole fraintendere»

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Il ruolo del leader è di individuare e di aprire la strada. Solo i paracarri restano fermi, solo chi ha i paraocchi non vede la società che cambia». Cristiana Muscardini s'infuria (è nel suo carattere focoso) quando sente le dichiarazioni di chi a destra se la prende con l'uscita di Fini sulle coppie di fatto. Lei, coordinatrice di An in Lombardia, europarlamentare, è probabilmente il dirigente del partito di via della Scrofa più in sintonia con il leader, soprattutto negli ultimi tempi. Fu lei ad anticipare la svolta per il voto agli immigrati, fu con Fini sui referendum sulla procreazione assistita. Onorevole, quella di Fini è una nuova fuga in avanti? «È la politica che va avanti. Nel 1700 c'erano dei problemi, nell'800 altri, nel '900 altri ancora. Oggi dobbismo preoccuparci di quelli di oggi, non possiamo ancora continuare a ragionare come se fossimo nel secolo scorso». In concreto, che cosa vuol dire? «Voglio dire che nel '700 i bambini che venivano abbandonati, erano condotti in campagna da probabili balie con i carri. Carri che non avevano le sponde, per cui ci si rese conto che ogni tanto si perdeva qualche pargolo. Allora vennero messe le sponde». Onorevole, non l'ha presa un po' troppo alla lontana? «Nient'affatto. Voglio dire che un tempo c'erano dei problemi, oggi ce ne sono degli altri. Non possiamo pensare di stare ancora nel Settecento. Il mondo va avanti e anche la politica deve cominciare a porsi i problemi di oggi. E anche immaginare il futuro. Questo è Fini». E che cos'è, secondo lei? «È un leader che guarda al domani, si pone il problema di dare risposte alla società di oggi rivediando sempre e comunque i valori base quali la famiglia». Ma non è andato un po' troppo in là? «Ma deve andare avanti, altrimenti che leader è? Deve indicare una via». Sulle coppie di fatto, però, Alemanno dice che basta la Costituzione? «Io sto alla dichiarazione di Fini: non si possono fare discriminazioni verso nessun cittadino». La Chiesa sospetta che si voglia smantellare l'istituzione del matrimonio. Che cosa ne pensa? «Alt, andiamo con ordine. Rischiamo di fare un'enorme confusione. Fini ha detto chiaro e tondo che la famiglia è il nucleo fondamentale della nostra società e come tale va tutelata con tutte le notre forze ed energie. Questi sono i nostri valori e non facciamo passi indietro». Assodato questo punto, secondo lei bisogna dare anche un riconoscimento alle coppie di fatto? «Il riconoscimento in parte esiste, visto che il codice prevede l'unione more uxorio. Ora bisogna andare più avanti e pensare a quanto non è ancora stato risolto». Per esempio quali? «Le faccio l'sempio classico, quello in campo sanitario. Se io ho un incidente e sono in coma è giusto che decisioni su di me le possano prendere non soltanto i miei familiari ma anche chi vive con me, chi condivide una vita assieme o che io stessa ho delegato a rappresentarmi in caso di malattia. Insomma, la nostra struttura sociale ha anche nuove forme di aggregazione e e non possiamo fare finta che non ci siano. Insisto, secondo me bisogna cominciare soprattutto dal campo sanitario dove la non tutela dei diritti è evidente». E non si corre comunque il rischio di assestare un colpo al matrimonio? «Assolutamente no. Quel che sto dicendo non vuol dire parificare le unioni di fatto al matrimonio, anzi». Ma questa non è una battaglia di destra? «Una battaglia di destra è difendere, tutelare, valorizzare la famiglia. Con ciò, non dobbiamo dimenticare che An è un partito di governo». E allora? «E allora chi guida il Paese governa chi lo ha votato e chi non lo ha votato cioè cerca di interpretare le esigenze dell'intera società». Anche dei gay? Il prossimo passo sarà anche il via libera alla loro unione? «Fini non ha detto questo. Ha parlato di evitare discriminazioni nei loro confronti». Ma così è stato inteso? In molti hanno pensato ad un'apertura per i matrimoni gay? «Penso che qualcuno fraintenda di proposito». Dentro An

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