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Fini: niente compromessi con i terroristi

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Sul caso Croce Rossa il vicepremier ha ripetuto che l'Italia «non ha mai nascosto nulla agli Usa»

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Il vicepremier (a Rimini era presente nella sua veste di ministro degli Esteri) a rischio fischi per le sue posizioni durante il recente referendum in materia di fecondazione assistita è stato invece accolto da calorosi applausi. Per la verità qualche fischio c'è scappato, ma è sembrato essere più l'opera di qualche forsennato che una bocciatura del Presidente di An. Per il resto il pomeriggio riminese di Fini è stato assolutamente positivo. Il ministro degli Esteri era al Meeting per parlare di pace assieme ai suoi omologhi Abdullah Abdullah, ministro degli Esteri dell'Afghanistan e Hoshyar Zebari, ministro degli Esteri dell'Iraq. E non ha tradito le aspettative della platea da lui stesso definita «esigente» e nei confronti della quale «non ce la si può cavare solo con qualche considerazione superficiale». Qualcuno, soprattutto fra i giornalisti presenti, si aspettava un suo affondo sulla vicenda Scelli, ma Fini ha dribblato la questione limitandosi a ribadire che «Il governo italiano non ha mai messo in atto comportamenti volti a nascondere qualcosa agli Usa o ad agevolare i terroristi». «Scelli - ha proseguito Fini - ha già ricordato che la Croce Rossa Italiana gode di autonomia nell'adempimento delle proprie missioni umanitarie». In realtà l'intervento del ministro ha lasciato dietro di sé una domanda. Fini ha infatti rimarcato più e più volte l'assoluta necessità di non scendere mai a compromessi con coloro che minacciano e attaccano la pace. Il pensiero è volato veloce a Scelli e alle sue dichiarazioni, ma il vicepremier non ha aggiunto altro e il dubbio è rimasto. Poi Fini si è soffermato a lungo sul tema dell' «identità». Puntualizzando che «il vero confronto» è possibile «solo a partire dal riconoscimento delle proprie tradizioni». «Furono vili - ha aggiunto Fini - quei governi europei che dissero non all'inserimento delle radici cristiane nella Costituzione europea». E la platea ha applaudito a lungo. Ma, nel suo intervento, Fini ha voluto soprattutto rispondere a quello che è suonato come un vero e proprio appello lanciato dai suoi colleghi che hanno anche rimarcato l'assoluta necessità dell'intervento militare (soprattutto in Afghanistan). «Restate con noi» è stato l'invito rivolto dai ministri degli Esteri iracheno e afgano. Dopo la liberazione, ha ricordato Al Zebari, «viene il momento della responsabilità. La missione non può dirsi completata. Abbiamo bisogno delle vostra continua attenzione, del vostro impegno e sostegno». E Fini ha risposto presente. «Ciò che sta accadendo in Iraq e Afghanistan - ha detto - riguarda anche noi. Stare vicino a questi paesi vuol dire non commettere più l'errore di guardare altrove, di disinteressarsi» lasciando così intendere che la exit strategy, in ogni caso, non subirà cambiamenti. Quindi il ministro degli Esteri ha voluto strappare un ultimo applauso prima del bagno di folla. «Siamo tutti iracheni e tutti afgani» ha gridato. Poi ha voluto visitare gli stand della Fiera ricevendo l'affetto di curiosi e simpatizzanti che lo hanno fermato per stringergli la mano e chiedergli un autografo (ha anche ricevuto in regalo una Madonna dipinta su una tavoletta di legno e la maglietta ufficiale del Meeting 2005). Ma quello di ieri, per Fini è stato anche un pomeriggio di incontri. Il vicepremier si è visto con il governatore lombardo Formigoni e, dicono i rispettivi staff, hanno a discusso di leadership e dei rapporti all'interno della Cdl. Poi ha visto il direttore generale della Rai Alfredo Meocci che si trovava a Rimini per visitare il Meeting. Poteva essere un incubo invece, la giornata riminese di Fini, si è trasformata in un discreto successo. E alla fine quel "sono soddisfatto" pronunciato con un ampio sorriso, suona tanto come un sospiro di sollievo.

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