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Il programma: lacrime e sangue per tutti

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A scatenarla, un'intervista in cui Romano Prodi si definisce «un baby politico» che in caso di vittoria del centrosinistra alle prossime elezioni politiche si troverebbe di fronte alla «peggiore delle eredità immaginabili: crescita zero da anni, bilancio dello Stato disastroso, un'immagine del nostro Paese all'estero che è al minimo storico». «Sono abbastanza emiliano per non pensare a lacrime e sangue, ma se i sacrifici sono necessari per raggiungere degli obiettivi si devono chiedere». Romano Prodi traccia la sua linea. E aggiunge: «Governare sarà difficilissimo. Se vinco, l'eredità è la peggiore immaginabile: crescita zero da anni, bilancio dello Stato disastroso, un'immagine del nostro Paese all'estero che è al minimo storico. Per questo - sottolinea - diventa ancora più importante fare un appello all'unità». E quando si parla di unità nel centrosinistra il pensiero va subito al leader di Rifondazione, Fausto Bertinotti (che fece cadere il primo governo Prodi). Ma a questo proposito il Professore sembra ottimista: «Allora dava l'appoggio esterno - ricorda - oggi, per evitare questo, ci sono le primarie e il manifesto dell'Unione. Chi vince alle primarie propone il programma e dovrà rendersi conto dei problemi della coalizione. Se Bertinotti firma, è d'accordo per il gioco di squadra. Ne sono sicuro». Anche perché «fare squadra - sottolinea ancora Prodi - non è avere giocatori tutti uguali ma far andare nella stessa direzione chi ha sfumature diverse. Bisogna lasciare corda lunga ai ministri: obiettivi precisi ma senso di responsabilità per i singoli ministri». Insomma, «governare è come allenare una squadra, devi essere a metà allenatore e metà assistente sociale. Se la squadra è forte e coesa, si riesce a governare un Paese come l'Italia». Del resto, sottolinea, «tutti avrebbero voluto scrivere sulle nostri liti. E invece hanno scritto sulle nostre discussioni. Abbiamo discusso, anche su cose delicate. Ma poi, trovato l'accordo, siamo usciti e l'abbiamo annunciato. Questa è la politica». Prodi comunque non si considera un uomo di potere. «E' una definizione inadatta per me. Non ho nemmeno un partito mio». E poi, afferma, «il potere si conquista sul campo, il potere garantito non ho mai saputo cosa fosse». E su questo ricorda il voto di sfiducia al suo governo: «Sapevamo che andavamo incontro alla sconfitta, ma c'è un momento in cui bisogna accettare la sconfitta. Si vede nelle trasmissioni televisive che io faccio cenno di no a due parlamentari che mi offrivano il voto. Lo fai se hai autorità».

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