Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Torna il partito tradizionale

default_image

Nelle pause i «big» tra la folla per chiacchierare

  • a
  • a
  • a

Il secondo congresso nazionale dell'Udc ha sancito il ritorno prepotente sulla scena pubblica del partito tradizionale. Quello per capirsi con un capo e una coda, dove il capo conta, a volte anche meno, della coda. Dove si vota, si delega, si interviene in massa, si viene ascoltati. Dove ognuno ha il suo momento di gloria e dove essere in minoranza non è poi così male. È la vittoria dei dettagli, delle piccole cose. A cominciare dal fatto che, alle 9.00 di un'afosa domenica mattina di luglio, il segretario del partito (ma anche i ministri e i sottosegretari), trovi molto più importante trascorrere qualche minuto tra le fila di sedie, circondato da amministratori locali e semplici simpatizzandi sostenendo conversazioni di questo tipo. «Ma secondo voi devo dire qualcosa dopo che ha parlato Casini?». Risposta: «Parla Marco, dacci anche solo un saluto, ma parla». Ma che si fosse qualcosa di diverso lo si era già capito nei giorni scorsi. A partire da quel palco stile Politburo su cui avevano trovato posto, uno di fianco all'altro, ministri, viceministri, sottosegretari e semplici deputati e senatori. Poi era venuta la lunga fila degli iscritti a parlare (62 solo nel pomeriggio di venerdì). Tutti sul podio per commentare, suggerire, contestare e tutti rigorosamente ascoltati dal segretario o, in sua assenza, dai ministri. Così niente di strano se, ieri, durante l'intervento di Pier Ferdinando Casini, tra i delegati in platea è cominciato a girare un foglio con scritto «Sottoscrizione lista Follini» e tutti lì a firmare (tranne, ovviamente, candidati e presentatori di lista). Per la verità c'è anche chi non crede troppo in questo dotto esercizio di democrazia. «Le deleghe non servono a niente» commenta un delegato campano. «Si lo so - risponde un altro -. Quello che si deve decidere è già deciso, ma dobbiamo essere pronti se, all'improvviso si decide di andare a votare». Ma chi è che permette tutto questo? Due nomi su tutti. Sicuramente il segretario Follini, ma anche il suo braccio destro Lorenzo Cesa. Il primo ha una gestione quasi «militare» del territorio. Il secondo, invece, è l'organizzatore per eccellenza. Così almeno dicono dalle parti di via due Macelli. Da ieri, ai due, si è ufficialmente unito anche il presidente della Camera tornato, per un giorno, ad occuparsi direttamente del partito. La «triade» è l'essenza perfetta di questo partito. Lorenzo organizza, Follini attacca, Casini ricuce. Ma anche la base gioca un ruolo fondamentale. Innanzitutto per la sua capacità di traghettare nell'Udc i pregi dell'organizzazione della vecchia e gloriosa armata democristiana primo fra tutti il rispetto delle minoranze. E non è un caso che alla fine del congresso, quando Totò Cuffaro legge i nomi dei membri del consiglio nazionale tutti si fermino in silenzio ad ascoltare. Qualcuno, come Emerenzio Barbieri, spunta addirittura i nomi da una lista. Esserci potrebbe non significare niente, ma non esserci potrebbe essere letale. N. I.

Dai blog