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A via della Scrofa faccia a faccia tra convinti e scettici

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Diversi, se non antitetici, sono infatti gli umori sull'argomento dentro il partito. Ma è indubbio che il documento fatto pubblicare da Gianfranco Fini sul Secolo d'Italia, dopo una lunga riunione dell'Ufficio di presidenza, costituisce comunque un atto dirimente. Perchè ammette implicitamente che la questione sussiste; e che va approfondita e circostanziata in quanto essenziale per il futuro della coalizione. Anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2006. Qual è il ragionamento di An? Alleanza Nazionale non scarta a priori l'ipotesi di un partito unico del centrodestra, ma invita tutti a riflettere bene prima di fare passi decisivi perché «quando un progetto di questo genere non è ben definito, corre il rischio di essere un boomerang». «Se il cosiddetto partito unico si presenta agli italiani come un semplice assemblaggio di partiti della Cdl — si legge ancora nel documento — con o senza Berlusconi premier, si corre il rischio di vedere contratti i consensi elettorali nel 2006. Quindi, prima di abbandonare l'attuale schema schema pluripartitico e la sua potenzialità di intercettare segmenti elettorali diversi bisogna riflettere ed essere sicuri che la nuova soluzione sia davvero capace di dare una nuova spinta aggregativa ed elettorale alla Cdl». Inoltre l'eventuale nuovo partito unico «non può essere un prodotto verticistico calato dall'alto sui partiti e sulle realtà territoriali, ma deve essere un movimento che parta dal basso con una forte spinta partecipativa e con regole tali da garantire l'effettività della partecipazione». Dentro An però si stanno già confrontando la scuola di pensiero dell'«avanti tutta» e quella dell'«avanti piano e quasi fermi». Non è infatti un caso se ieri Ignazio La Russa (acceso promotore di un'accelerazione del progetto) ha parlato di «scettici» e «convinti» dentro il partito. Il suo ruolo di presidente super partes del gruppo a Montecitorio lo obbliga formalmente a rispettare le ragioni degli uni e degli altri e a non etichettare le due fazioni interne, ma gli schieramenti sono fin troppo chiari. E si sono palesati senza remore proprio nella riunione di martedì notte. Là dove Maurizio Gasparri ha chiesto di dimostrare più entusiasmo per un progetto che può rilanciare una coalizione in affanno. E che può comunque garantirle un futuro omogeneo indipendentemente dall'esito delle elezioni per la prossima legislatura. Molto meno entusiasmo invece nella Destra Sociale del partito. Ovviamente sia Gianni Alemanno che Francesco Storace sanno bene che un no secco a questa prospettiva non è sostenibile. Sanno cioè che non si può lavorare in squadra col premier dentro il governo e bocciare nello stesso tempo la sua idea di una nuova coesione prospettica. Come sanno anche che il superamento del cosiddetto berlusconismo e della leadership del Cavaliere sarebbe meno arduo se si andasse verso il partito unico. Ma ciò nonostante insistono a voler preservare e valorizzare la natura antagonista di An; quella di una Destra sociale di nome e di fatto che non vuol confondersi in un soggetto unico insieme a neodemocristiani, liberaldemocratici e socialisti. Ma alla riunione di martedì mancavano, per motivi contingenti, i due massimi rappresentanti della terza «tribù» di Nuova Alleanza: Altero Matteoli e Adolfo Urso. I quali dimostrano da qualche giorno una diversa sensibilità al tema all'ordine del giorno. Con il primo attento al dibattito, ma sostanzialmente freddo. E con il secondo tanto coinvolto da perorare la creazione di comitati di base interpartitici. Il lieve paradosso sembra dunque a questo punto quello di un Presidente del partito costretto a mediare far le opposte pulsioni prodotte da quelle correnti interne che lui stesso ha appena detto di voler superare.

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