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«AD AN devo tutto, tutto quello che ho fatto».

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È da tempo che il leader della destra non parla al suo partito, ai suoi militanti. È da tempo che la sua base è abituata ormai a vederlo solo in tv mente parla di Iraq, Asia e del rapporto tra Usa e Ue. E la base, la sua base, avverte che partito e leader hanno cominciato due percorsi diversi. E dentro An si è già messa in moto, seppur lentamente, una piccola guerra di successione. Fini lo percepisce. E tutta la prima parte del suo intervento è dedicata a sedare il malumore che serpeggia nella sua formazione politica. «Qualcuno ogni tanto prefigura ipotesi di prevaricazione di percorso tra me e il partito ma io vi dico: mai il percorso di Gianfranco Fini sarà diverso da quello di Alleanza nazionale. Una comunità - dice - alla quale so di dovere tutto. Fa piacere verificare che c'è un certo consenso personale nell'opinione pubblica. Ma certo non ho il difetto di montarmi la testa». Prende una lunga pausa, scruta la sala, trattiene il respiro e poi Fini sospira un po' enfatico: «Il mio grazie è anzitutto un impegno a garantire che mai i nostri percorsi saranno diversi». Spiega poi che evidentemente è impegnato in un altro mestiere, quello di ministro degli Esteri, ma che nel frattempo «in questi due mesi e mezzo abbiamo dimostrato che una classe dirigente An ce l'ha». E questo sarà l'assetto del partito per i prossimi 15, 16 mesi. Fini infatti divide tutto in due fasi. La prima, da oggi alle Regionali e poi alle Politiche dell'anno prossimo, in cui il partito deve lanciarsi nella campagna elettorale. Adesso, sono le parole del vicepremier, «è arrivato il momento di andare all'attacco e di lanciare una grande mobilitazione». La seconda fase sarà successiva alle elezioni politiche del 2006. Allora verrà «il momento della riflessione strategica, perché ora è il momento dell'azione». In pratica, è un chiaro stop alla battaglia per la sua successione. Fermi tutti, sembra intimare Fini. Ora pensiamo alle elezioni e a rivincerle, dopo si vedrà. Dopo «indipendentemente dal risultato del voto, troveremo la formula adatta», dice testualmente. A prescindere dal fatto che la Cdl vinca o meno, il partito si darà assetto. Il presidente di An ha chiaramente in testa più soluzioni. Una potrebbe essere restare numero uno e aprire di fatto la partita per la poltrona di coordinatore da aggiudicare dopo la battaglia congressuale ma solo con mozioni su tesi. Oppure potrebbe scegliere una strada più agevole con la battaglia solo sulle tesi, senza candidature collegate. Potrebbe anche istituire una nuova figura che lo affianchi: il segretario politico. Si vedrà, è ancora molto presto per Fini, un politico che preferisce fare sempre un passo alla volta. Forse anche mezzo passo. Chiuso il capitolo sull'organizzazione interna, il numero uno del partito di via della Scrofa si sofferma sui valori. Il leader sprona la destra ad andare avanti. Anzi ad «andare all'attacco» rafforzando l'identità sui valori unificanti: «Amor di patria, adamantino rigore morale, passione civile». Un capitolo è stato dedicato al passato. A Giuseppe Tatarella scomparso sei anni fa (alla vedova è stata consegnata una medaglia commemorativa) e a Giorgio Almirante, che non compariva nel filmato ufficiale del decennale (un po' troppo in stile Sanremo). F. D. O.

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