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Lo spreco è in Emilia e Lombardia

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Nelle due regioni il 40% dei contratti. Ma ce ne sono 9000 fuori controllo

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La relazione presentata dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio alcuni giorni fa in Parlamento, in questo senso parla molto chiaro: il Sud, nel 2003, si è accaparrato solo il 12,1% dei contratti di consulenza (18.320), contro il 34,7% del Centro (52.280) e i 63.221 incarichi affidati nel Settentrione. Va detto che in testa alla classifica regionale, tra consulenze assegnate a «esterni» da enti locali, scuole, università, ministeri e presidi sanitari, spicca la Lombardia con 50mila incarichi conferiti (24,7% del totale nazionale per oltre 150 milioni di euro), seguita dall'Emilia Romagna (27mila contratti, il 13,9% del totale, 86 milioni di euro), seguono i 20mila contratti del Lazio (10%) che però risultano decisamente più onerosi visto che nel 2003 sono costati, alle amministrazioni statali, ben 124 milioni di euro. La classifica degli sprechi, su base regionale ma nel settore delle consulenze concesse ai dipendenti pubblici, vede più o meno rispettate le precedenti posizioni, con la Lombardia in testa, ma stavolta seguita da Lazio, Veneto ed Emilia Romagna. Va anche detto che nel settore degli incarichi «supplementari» ai dipendenti pubblici esiste perfino una sacca di «lavoro nero». La relazione del Dipartimento della Funzione Pubblica di Palazzo Chigi, infatti, stima in una cifra superiore all'11% (8.598 contratti) la fetta di incarichi di cui nel 2003 non è stato possibile identificare l'origine a causa di mancate comunicazioni da parte delle amministrazioni. La distribuzione settoriale degli «sprechi» segnala poi l'incontrastato dominio delle Regioni e degli Enti locali, che sul totale delle consulenze si accaparrano la poco incoraggiante (per i conti pubblici) quota del 29,4%, segue il comparto della scuola (20,6), l'Università (16,2), la Sanità (16) e i ministeri (13,6), mentre le briciole (4,2) vanno ai settori minori. E sull'entità dei compensi pare proprio che i dipendenti pubblici non abbiamo molti motivi per recriminare: se è vero che il 53,6% degli incarichi riguarda consulenze fino a 500 euro, un'ingente fetta della torta, il 31,9%, nel 2003, ha riguardato prebende fino a 2500 euro, ma anche oltre, fino a quota 5000 euro per l'8,1% dei fortunati consulenti, per poi decrescere per compensi che toccano i 15mila euro. Il 4% dei dipendenti pubblici, infatti, ha beneficiato di oltre 5 contratti extra in un solo anno, un altro 8% ha messo a segno una tripletta mentre l'82%% degli statali si è dovuto «accontentare» al massimo di due incarichi. Ma il 25% dei consulenti, grazie al consueto malcostume delle pubbliche amministrazioni, si è visto assegnare i compiti e gli stipendi attraverso una procedura «negoziata»: per intenderci, a trattativa privata, uno contro uno, a porte chiuse, un po' come Totti e Del Piero quando vanno a strappare un nuovo contrattino a Sensi e Moggi... Lu. Mar.

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