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L'ottantenne dc Darida: «I Ds sono il partito più vecchio della politica»

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Lo pensa l'ex ministro Clelio Darida, dopo la guerra delle tessere scoppiata nei Ds. Darida, che è tornato nella Democrazia cristiana, è stato Sindaco di Roma (1970-1976) e più volte ministro. Onorevole, è sorpreso nel vedere i Ds scontrarsi sul tesseramento del partito? «No. Bisogna dire che in genere nel Sud c'è sempre stata una tendenza ad iscrivere nei partiti di massa più persone di quanto ne siano iscritte nel Nord. I tesseramenti della Dc erano "inerti" nel senso che erano iscritte persone che votavano per la Dc ma non erano dei veri attivisti. In una famiglia di quattro persone, l'unica persona che faceva politica attiva, soprattutto nel Sud, pensava anche ad iscrivere gli altri componenti del nucleo familiare. Questa tendenza ha gonfiato i tesseramenti dei partiti». Era una questione che riguardava tutti i partiti? «Per il partito comunista forse è il caso di fare un discorso a parte. Loro hanno sempre cucinato le loro cose in silenzio». C'è stata meno trasparenza? «Il partito era più chiuso in se. Le correnti c'erano, ma non in forma conflittuale come accadeva negli altri partiti di matrice liberale come poteva essere la Dc». Lei crede che il tesseramento dei partiti abbia ancora un senso oggi? «Nella Prima Repubblica questa forma di iscrizione era esasperata. Il tesseramento di massa è un'invenzione dei partiti di sinistra perché nasce dalle strutture delle forze socialiste e comuniste come conseguenza del tesseramento sindacale. A quella partecipazione di massa si contrappose lo sforzo della Dc (in particolare di Amintore Fanfani) di opporre la vasta partecipazione dell'elettorato cattolico e popolare a quello della sinistra. Il tesseramento ha interessato di più i partiti di massa». I Ds sono l'ultimo partito della Prima Repubblica che è rimasto in piedi con la struttura del vecchio Pci? «Si, senz'altro. Su questo non ho dubbi. Ma questo tipo di organizzazione è in crisi perché l'origine del partito di sinistra è quella sindacale. Il sindacato che si fa partito»

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